LICEO GIOTTO ULIVI  LE FACCE DELL'AMORE

TEATRO “GIOTTO” DI VICCHIO 30 APRILE 2002

Introduzione - testi&traduzioni

Lo spettacolo nasce come ampliamento di un'esperienza svolta nell'anno scolastico passato, dal titolo 'Poesia e Musica", in cui poesie di lingua tedesca e francese, tradotte dalle classi del Liceo linguistico dell'Istituto venivano recitate dagli alunni, alternate all'esecuzione di brani musicali attinenti. Si trattava in particolare di lieder di Schubert su testi di Goethe e altri poeti romantici e di brani di Debussy su testi di Verlaine e della trasposizione musicale de I pastori di D'Annunzio per opera di Pizzetti.

Data la buona riuscita dell'iniziativa il progetto è stato ampliato: la recitazione e lo spettacolo diventano il risultato di un lavoro corale ad ampio raggio, radicato nell'esperienza didattica di molte classi, chiamate a tradurre e scegliere poesie di tutta la tradizione antica e moderna intorno al tema dell'amore, visto in tutte le sue più varie sfaccettature, dalla remotissima Saffo al contemporaneo Prévert. E poi tutte le specie d’amore: da quello più ricorrente tra uomo e donna a quello del figlio verso la madre (Ungaretti, Quasimodo) a quello del mistico verso Cristo (Juan de la Cruz). L’amore romantico idealizzato ma anche l’amore molto terreno di Cecco Angiolieri o l’amore un po’ macabro degli Scapigliati o l’amore come forza negativa di Lucrezio.

Dopo il lavoro di cernita dei brani pervenuti, raccolti dai vari insegnanti di lingue e letteratura, si è giunti alla composizione vera e propria dello spettacolo, che comprende anche l'esecuzione di brani musicali per canto, chitarra, pianoforte, violino, flauto, la recitazione e la danza. L'allestimento dello spettacolo ha coinvolto nella preparazione tutte le varie componenti della scuola: gli studenti che lavorano all'interno del laboratorio Teatrale, tutti coloro che hanno offerto il loro contributo come giovani artisti, sia in campo musicale che in quello della danza, gli studenti delle classi che hanno scelto e tradotto con perizia e passione i vari testi, e non ultimi i professori, nelle vesti di organizzatori, consulenti, cantanti, attori, scenografi, musicisti.

Le poesie sono state scelte tenendo conto della loro originalità, teatralità, musicalità.

Un'attenzione particolare è rivolta al rapporto parola-musica, sia nei casi in cui il compositore abbia musicato direttamente il testo poetico (Schumann/Heine Du bist wie eine Blume ) sia nel caso in cui l'espressione musicale costruisce un tessuto espressivo parallelo ed autonomo, un dialogo espressivo che si intreccia con la parola "detta" per costruire il tessuto comunicativo dell'esperienza teatrale. L’inserimento dei brani musicali non è mai stato proposto quindi come mero “sottofondo”, ma come contributo capace di suggerire letture e suggestioni in consonanza o dissonanza col testo poetico, di integrare o sovvertire il senso poetico, nell’incontro con un diversa “poesia”.

Le musiche scelte spaziano dal “recitar cantando” di G. Caccini (1550-1618), con la raffinata ed intensa Amarilli, alla rivisitazione attuale della ballata medievale di A. Branduardi o di F. de André, il tutto legato dal filo conduttore della Serenata di Schubert (1797-1828), danzata, suonata e “cantata” di volta in volta dal pianoforte, dal violino e dalla voce. Ma per suggerire altre forme del caleidoscopico mosaico del sentimento amoroso ecco un graffiante tango di A. Piazzolla (1921-1992), o il drammatico lamento funebre della vecchia negra nell’opera dell’americano Gershwin (1898-1937) (My man’s gone now da Porgy, and Bess), e ancora: una ninna nanna dal suggestivo clima arabeggiante di M. de Falla (1876-1946) o il grido passionale della tradizione partenopea (Core ‘ngrato). Non mancano l’elegante malinconia della chanson francese (Le foglie morte) e l’icastica profondità del lied romantico (Du bist wie eine Blume) di R. Schumann (1810-1856)

Tutto il lavoro si è svolto in funzione di ben precisi obiettivi didattici.

Nella prima fase (scelta e traduzione dei testi) si è cercato di favorire l'interesse e la competenza sia sul piano dell'analisi e dell’ interpretazione testuale, sia su quello della scrittura creativa, che ha tanto a che fare con la difficile arte della traduzione.

Nella seconda fase (allestimento dello spettacolo) si è favorito lo sviluppo di tutte le abilità e competenze che sono connesse con la pratica teatrale.

Per quanto riguarda direttamente l'espressione musicale e corporea si è cercato di prima di tutto di valorizzare le competenze musicali dei ragazzi che studiano canto, strumenti o danza parallelamente agli studi liceali, secondariamente di ampliare e connettere in un più ampio tessuto culturale i vari "linguaggi" artistici anche al fine di ovviare alla vistosa lacuna del curricolo liceale che esclude la pratica o lo studio della musica classica e contemporanea dalla scuola

Si tratta quindi di un’esperienza molto importante sul piano didattico e formativo perché valorizza quella molteplicità di codici espressivi e di competenze che dovrebbe costituire proprio lo “specifico” del teatro nella scuola.

Interpreti

(di testi poetici o brani musicali):

Andrea Avellini

Paolo Badiali

Valeria Barreca

Augusto Cacopardo

Simonetta Chiappini

Elisa Galanti

Alessandro Giovannelli

Serena Landi

Laura Lavacchini

Tommaso Mugelli

Rita Nencini

Gabriele Parigi

Claudia Pinzauti

Marta Ricci

Silvia Ruggeri

Valentina Traversi

Saverio Vaiani

Alessandra Zagli

danzatori:

Francesco Rocchi

Ughetta Pratesi

Veronica Baldi

Pianoforte: Emanuele Lippi

Regia: Anna Scalabrini

scene e luci: Sandra Focardi

Ufficio Stampa: Roberto Ticci

Supervisione testi: Anna Borgini e Giuseppe Parrini

Consulenza musicale: Simonetta Chiappini

I professori Elisabetta Banchi, Grazia Bertini, Roberto Nencetti, Maureen Enright, Mannelli e Sacconi hanno collaborato con le loro classi alla scelta e alla traduzione dei testi.

 

 

1. SAFFO

Tramontata è la luna

e le Pleiadi a mezzo della notte

anche giovinezza già dilegua

ed ora nel mio letto resto sola.

Scuote l’anima mia Eros,

come vento sul monte

che irrompe entro le querce;

e scioglie le membra e le agita,

dolce amara indomabile belva.

Ma a me non ape, non miele;

e soffro e desidero. (traduzione di Quasimodo)

2. CACCINI - Amarilli

3. HEINE- Tu sei come un fiore

Tu sei come un fiore

H. Haine (1830)

 

Tu sei come un fiore

Così grazioso e bello e puro

Ti guardo e la malinconia

Mi si insinua nel cuore

È come se dovessi tenerti sulla testa

Le mani pregando che Dio

Ti mantenga così pura e bella e graziosa

 

4. SCHUMANN - Amore romantico

5. LUCREZIO - La goccia scava la roccia

LA GOCCIA SCAVA LA ROCCIA

Talvolta capita di amare una donnetta umile e semplice

né per opera divina

né per le frecce d'amore scoccate da Venere.

Questo genere di donna

spesso riesce ad incoraggiarti facilmente a trascorrere la vita con lei,

per atteggiamenti dolci e per la limpida grazia del corpo.

D'altronde l'abitudine favorisce l'amore:

ciò che sia pur debolmente attraversato da attacchi consueti,

col tempo è sconfitto e costretto ad arrendersi.

Non vedi che anche le gocce d'acqua che stillano sulla pietra con il tempo

perforano la roccia? (coro)

Lucrezio (De rerum natura, IV 1278-1287)

Trad. Silvia Ruggeri

 

 

6. LUCREZIO -                                        CECITA'

Cecità

Evitare d'essere rapiti dalle infinite broccia dell'amore non è così difficile

come uscirne una volta presi,

e liberarsi dagli inestricabili nodi di Venere.

Eppure anche imprigionato e avviluppato potresti fuggire l'Amore,

soprattutto se non fossi tu a porti degli ostacoli,

e specialmente se non ti nascondessi tutti i difetti dell'animo e del corpo

di colei che adori e che vorresti possedere.

Così si comportano solitamente gli uomini in balia della loro passione,

e attribuiscono alle amate pregi che esse non possiedono affatto.

Ed è proprio per questo che molto spesso ci imbattiamo in donne

brutte e deformi che però sono amate teneramente e che si vantano di questo.

Questi amanti spesso sorridono l'uno dell'altro

e si spingono ad addolcire Venere perché un oscuro amore li affligge;

e spesso non vedono poveri, (coro)

la trappola in cui sono caduti.

La bruna “ha il colore del miele",

una sudicia e malconcia "veste negletto",

se ha verdi gli occhi "è il ritratto di Pallade",

se è spigolosa "Ë una gazzella",

una nana "è una delle Grazie, tutta sale",

enorme e sgraziata è "stupenda, piena di maestà".

La balbuziente e timida “cinguetta",

la muta è "così riservata!".

La comare impetuosa e chiacchierona diventa "una fiammetta".

E' "un esile amorino" quando la magrezza l'uccide,

e se già la tosse la consuma è "un po' gracilina".

La grassa dal seno enorme è "Cerere sgravata di Bacco",

colei col naso schiacciato è "una Silena" o "una Satira".

la labbrona "una voglia di baci".

E se avessi intenzione di continuare ancora fino ad esaurire l'argomento

la farei sicuramente troppo lunga.

Lucrezio (De rerum natura/ IV 1146-1170)

Trad. Camilla Ceccato

 

7. W. VON DER VOGELWEIDE –

Sotto il tiglio

W. von der Vogelweide (1200)

 

Sotto il tiglio // nella brughiera

Dove siamo stati insieme // si possono vedere

Fiori ed erba amorevolmente spezzati.

Tandaradei // cantava l’usignolo // dal bosco nella valle.

Andai in quel prato, // là era già il mio amore

Venuto prima di me. // Là fui accolta

- oh! Santa Vergine - // che mi faccia sempre felice.

Se mi baciò? Mille e mille volte, // tandaradei

Guardate come e rossa la mia bocca!

Là aveva preparato // con grande magnificenza

Un giaciglio di fiori. // Il cuore si rallegrerà

Di colui che passerà di là. // Dalle rose egli può ancora vedere

Tandaradei // dove era disteso il mio capo.

Se qualcuno sapesse // che ho dormito con lui

(non voglia Iddio) mi vergognerei così tanto!

Cosa lui ha fatto con me, // nessuno lo dovrebbe mai

Sapere, tranne lui e me // e il caro usignolo

Tandaradei // egli manterrà il segreto.

8. BRANDUARDI - Sotto il tiglio

9. BRECHT - Ricordo di Marie A.

Ricordo di Marie A.

B. Brecht

In quel giorno nell'azzurra luna di settembre

In silenzio sotto un giovane susino

Là la tenni, amore calmo e pallido,

tra le mie braccia come un sogno leggiadro.

E sopra di noi, nel bel cielo estivo,

stava una nuvola che a lungo guardai.

Era lassù bianca ed enorme,

e quando alzai gli occhi non c'era più.

Da quel giorno sono passate,

nuotando nel cielo, molte, molte lune.

I susini forse sono stati tutti tagliati.

E tu mi chiedi cosa ne sia stato di quell'amore

E io ti dico: non riesco a ricordare

E certo so già cosa pensi.

Eppure il suo viso davvero non lo ricordo più

So solo che una volta la baciai.

E anche il bacio avrei da tempo scordato

Se non ci fosse stata la nuvola.

Quella la ricordo adesso e la ricorderò sempre

Era candida e scendeva dal cielo.

I susini fioriscono ancora forse

E quella donna ha ora forse sette figli.

Certo quella nuvola fiorì solo per un attimo

E quando alzai lo sguardo, svaniva già nel vento.

Traduzione di Alessia Landi, Ilaria Righini, Gina Cacciapuoti e Margherita Malevolti

 

10. HIKMET - Guardo in ginocchio la terra

Guardo in ginocchio la terra

N. Hikmet 1943

 

Guardo in ginocchio la terra // guardo l'erba

Guardo l'insetto // guardo l'istante fiorito e azzurro

Sei come la terra di primavera, amore, // io ti guardo.

Sdraiato sul dorso vedo il cielo // vedo i rami degli alberi

Vedo le cicogne che volano

Sei come il cielo di primavera, amore, // io ti vedo.

Ho acceso un fuoco di notte in campagna // tocco il fuoco

Tocco l'acqua // tocco la stoffa e l'argento

Sei come un fuoco di bivacco all'addiaccio // io ti tocco.

Sono tra gli uomini amo gli uomini // amo l'azione

Amo il pensiero // amo la mia lotta

Sei un essere umano nella mia lotta

Ti amo.

 

11 CECCO ANGIOLIERI - Becchin’amor

Cecco Angiolieri, irriverente e scanzonato poeta senese (1260 – 1312 circa), all’amore idealizzato della poesia cortese e stilnovista contrappone un amore molto concreto e quotidiano, alla donna-angelo come Beatrice contrappone la più ordinaria Becchina, al desiderio di elevazione spirituale contrappone appetiti molto terreni , come la donna, la taverna e ‘l dado. La parodia dei raffinatissimi poeti stilnovisti si fa in alcuni sonetti molto pungente: in questo assistiamo a un battibecco vivacissimo, sapientemente orchestrato su un contrasto stilistico Alto- Basso. Cecco si rivolge a Becchina con espressioni solenni da amore cortese, lei risponde con battute feroci del senese popolare.

´Becchin'amor!, ´Che vuo’ falso tradito?ª.

´Che mi perdoniª. ´Tu non ne se' degnoª.

´Merzè, per Deo!ª. ´Tu vien' molto gecchitoª.

´E verrò sempreª. ´Che sarammi pegno?ª.

´La buona féª. ´Tu ne se' mal fornitoª.

´No inver' di teª. ´Non calmar, ch'i' ne vegno!ª.

´In che fallai?ª. ´Tu sa' ch'i' l'abbo uditoª.

´Dimmel, amorª. ´Va', che ti veng'un segno!ª.

´Vuo' pur ch'i' muoia?ª. ´Anzi mi par mill'anniª.

´Tu non di' beneª. ´Tu m'insegneraiª.

´Ed i' morròª. ´Omè, che tu m'inganni!ª.

´Die tel perdoniª. ´E ché non te ne vai?ª.

´Or potess'io!ª. ´Tègnoti per li panni?ª.

´Tu tieni 'l cuoreª. ´E terrò co' tuo guaiª.

 

13. UNGARETTI

Con G. Ungaretti (1888-1970) la poesia italiana si rinnova profondamente, uscendo da un

radicato e persistente provincialismo: i suoi "versicoli" dell'Allegria, la sua prima raccolta,

colpiscono i lettori e ne scandalizzano una buona parte, ma rompono con la metrica

tradizionale inaugurando un nuovo modo di fare poesia. Nelle due liriche che ascolteremo

( il terzo frammento dei Cori descrittivi di stati d'animo di Didone e La madre egli filtra la propria

umana esperienza e, attraverso la potenza della parola, “limpida meraviglia di un delirante

fermento", la trasforma in poesia, proiettandola, nel primo caso, in una delle figure classiche

più compiute e significative.

CORI DESCRITTIVI DI STATI D'ANIMO DI DIDONE

Dileguandosi l'ombra,

In lontananza d'anni,

Quando non laceravano gli affanni,

L'allora, odi, puerile

Petto ergersi bramato

E l'occhio tuo allarmato

Fuoco incauto svelare dell'Aprile

Da un'odorosa gota.

Scherno, Spettro solerte

Che rendi il tempo inerte

E lungamente la sua furia nota:

II cuore roso, sgombra!

Ma potrà, mute lotte

Sopite, dileguarsi da questa notte?

II

La sera si prolunga

Per un sospeso fuoco

E un fremito nell'erbe a poco a poco

Pare infinito a sorte ricongiunga.

Lunare allora inavvertita nacque

Eco, e si fuse al brivido dell’acque.

Non so chi fu più vivo,

Il sussurrio sino all’ebbro rivo

O l’attenta che tenera si tacque

III

Ora il vento s'è fatto silenzioso

E silenzioso il mare;

Tutto tace; ma grido

Il grido, sola, del mio cuore,

Grido d'amore, grido di vergogna

Del mio cuore che brucia

Da quando ti mirai e m'hai guardata

E più non sono che un oggetto debole.

Grido e brucia il mio cuore senza pace

Da quando più  non sono

Se non cosa in rovina e abbandonata.

IX

Le immagini a che pro

Per me dimenticata?

Non odi del platano,

Foglia non odi a un tratto scricchiolare

Che cade lungo il fiume sulle selci?

Il mio declino abbellirò, stasera;

A foglie secche si vedrà congiunto

Un bagliore roseo.

 

13. ANONIMO - Core ingrato

 

14. JUAN DE LA CRUZ

Canciones de l’alma

1

In una notte oscura,

di amorose ansie infiammata,

o felice ventura!

uscii e non fui notata

essendo già la mia casa addormentata,

2

Al buio, sicura,

per la scala segreta, travestita,

o felice ventura!

al buio, di nascosto,

essendo già la mia casa addormentata.

3

Nella notte propizia,

in segreto — nessuno mi vedeva

né io guardavo cosa alcuna —

senz'altra luce o guida

che quella che mi bruciava nel cuore.

4

Ma questa mi guidava

più certa della luce meridiana

dove mi aspettava

chi ben io conoscevo

in luogo dove nessuno si mostrava.

5

O notte che guidasti,

notte più cara dell'aurora;

notte che hai riunito

l'Amato con l'amata,

l'amata nell'Amato trasformata!

6

Sul mio petto fiorito

che per lui solo intero si serbava

egli restò addormentato;

Io lo carezzavo

e il ventaglio di cedro dava aria.

7

La brezza dai bastioni

mentre io gli scompigliavo i capelli

con la sua mano serena

mi feriva nel collo

e tutti i miei sensi sospendeva.

8

Senza ricordo, immobile,

il volto chinai sull'Amato,

tutto cessò, e io giacqui

lasciando la mia cura

dimenticata fra i gigli.

trad. it. di G. Agamben

 

15. W. GOETHE - IX Elegia

IX Elegia

W. Goethe (1800)

D’autunno la fiamma illumina il lieto focolare della campagna

Scoppietta, scintilla, com’è svelta!

Vola in alto sui rami.

Questa sera mi rallegra di più

Perché prima che il fascio si consumi in carbone,

si inclini sotto la cenere,

arriverà la mia amata.

E allora bruceranno gli sterpi ed i ceppi

E la calda notte diventerà per noi una splendida festa.

La mattina presto indaffarata, lascia il letto dell’amore.

E nuovamente risveglia l’agile fiamma sotto la cenere

Poiché, più d’altre cose,

amore dette a lei il dono di risvegliare la gioia che sta silenziosa sotto la cenere.

 

16.  UNGARETTI, La madre

E il cuore quando d'un ultimo battito

Avrà fatto cadere il muro d'ombra,

Per condurmi, Madre, sino al Signore,

Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,

Sarai una statua davanti all'Eterno,

Come già ti vedeva

Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,

Come quando spirasti

Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,

Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,

e avrai negli occhi un rapido sospiro.

 

17. M. DE FALLA - Nana

De Falla

Ninna nanna (popolare)

Duermete, niNo,duerme,

Duerme mi alma.

Duermete lucerito

De la maNana.

Nanita nana,nanita nana,.

Duermete lucerito de la maNana.

 

Traduzione

Dormi bambino, dormi,

dormi, anima mia

dormi stellina della mattina

ninna nanna, nannolina,

dormi stellina della mattina

 

 

18. S. QUASIMODO- Lettera alla Madre.

S. Quasimodo ( 1901-1968), insignito del Nobel per la poesia nel '59, percorre un lungo iter

poetico che, dalle prime raccolte "ermetiche" improntate alla perfezione formale, lo porter‡,

anche per la tragica esperienza della seconda guerra mondiale, a preferire tematiche di impegno

sociale nelle raccolte successive, come ne La vita non Ë sogno, da cui Ë tratta Lettera alla

madre.La Sicilia e Milano sono i luoghi tipici della poesia di Quasimodo: lo sentiremo

chiaramente in questa lirica in cui i due luoghi si accostano e si allontanano in un continuo

richiamo della memoria nella dimensione autobiografica.

 

 

´Mater dulcissima, ora scendono le nebbie,

il Naviglio urta confusamente sulle dighe,

gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;

non sono triste nel Nord: non sono

in pace con me, ma non aspetto

perdono da nessuno, molti mi devono lacrime

da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi,

come tutte le madri dei poeti, povera

e giusta nella misura d'amore

per i figli lontani. Oggi sono io

che ti scrivo.ª — Finalmente, dirai, due parole

di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto

e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore,

lo uccideranno un giorno in qualche luogo. —

´Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo

di treni lenti che portavano mandorle e arance

alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,

di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,

questo voglio, dell'ironia che hai messo

sul mio labbro, mite come la tua.

Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.

E non importa se ora ho qualche lacrima per te,

per tutti quelli che come te aspettano

e non sanno che cosa. Ah gentile morte,

non toccare l’orologio in cucina che batte sopra il muro,

tutta la mia infanzia è passata sullo smalto

del suo quadrante, su quei fiori dipinti;

non toccare le mani, il cuore dei vecchi.

Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,

morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dulcissima mater

Dalla mistica arabo-persiana

IBN FARID (1182-1235)

Ibn al-Farid nacque al Cairo nel 1182. In gioventù visse lunghi periodi di ritiro sul monte Moqattam, presso la capitale dell’Egitto. Si recò poi alla Mecca e vi condusse vita solitaria. Dopo 15 anni tornò al Cairo dove morì all’età di 53 anni. E’ il più celebre poeta mistico arabo.

 

E’ L’AMORE

  1. E’ l’Amore! Mettiti in salvo col tuo cuore, chè non è cosa da prendersi alla leggera la passione, e di certo non ne diviene volontariamente infermo chi abbia senno.
  2. Vivine immune, perchè la delizia dell’amore sta nel tormento: comincia in malattia e finisce in morte.
  3. Ma per me la morte da delirio d’amore è vita: vita che è una grazia concessami da Colei che adoro.
  4. Ti ho dato dunque questo consiglio perchè so che cosa è l’amore; ma il mio pensiero è che tu contravvenga al mio consiglio: tu, poi, scegli ciò che meglio ti piace.
  5. Se vuoi vivere felice, muori martire d’amore: se no, l’Amore ha i suoi devoti.
  6. Chi non muore del proprio amore, non ne vive: chè per raccogliere il miele, bisogna affrontare le offese delle api.
  7. Afferati al lembo della passione, e spogliati del rispetto umano, abbandonando la via seguita dai devoti puri, per quanto eminenti.
  8. E a chi è stato ucciso dall’Amore di’: "Gli hai dato quello che gli dovevi", e a chi soltanto presume d’amare, di’ che altro è la nerezza naturale, altro la truccatura degli occhi.

 

HAFIZ (m. 1389)

E’ il più grande lirico della Persia. Canta l’amore, il vino e i giardini fioriti, nello spirito di quella visione secondo cui non può conoscere l’amore mistico chi ignori l’amore profano, e che prima di bere alla coppa della sipiritualità bisogna aver gustato il succo della vite. I Persiani lo idolatrano e ancora oggi aprono a caso il suo Canzoniere per cercarvi predizioni e norme di condotta.

Per tanto che sia il tempo trascorso

il Sole non dice mai alla Terra: tu mi sei debitrice.

E guarda cosa accade con un amore così!

La volta intera del cielo ne risplende.

Traduzione di Benedetta Datini, Carlotta Tantulli, Francesca Manzani

 

EMILIO PRAGA - Vendetta postuma

 

I poeti della scapigliatura milanese si propongono soprattutto di scandalizzare i borghesi benpensanti ostentando una vita sregolata e “viziosa”; nella letteratura, poi, rovesciano spesso l’idealizzato amore romantico nel funebre e nel macabro. Emilio Praga (1839-1875) in questa poesia invia alla sua “ex” un messaggio piuttosto terroristico. Non c’Ë tuttavia da giurare sulla sincerit‡ di questa “vendetta postuma”: troppo scoperto appare l’intento di turbare il lettore con elementi horror.

Quando sarai nel freddo monumento

immobile e stecchita,

se ti resta nel cranio un sentimento

di questa vita,

ripenserai l'alcova e il letticciuolo

dei nostri lunghi amori,

quand'io portava al tuo dolce lenzuolo

carezze e fiori.

Ripenserai la fiammella turchina

che ci brillava accanto,

e quella fiala che alla tua bocchina

piaceva tanto!

Ripenserai la tua foga omicida

e gli immensi abbandoni;

ripenserai le forsennate grida,

e le canzoni;

ripenserai le lagrime delire,

e i giuramenti a Dio,

o bugiarda, di vivere e morire

pel genio mio!

E allora sentirai l'onda dei vermi

salir nel tenebrore.

e colla gioia di affamati infermi

morderti il cuore.

 

PAUL ELUARD - Io t’amo

JE T’ AIME

Ti amo per tutte le donne che non ho mai conosciuto

Ti amo per tutti i tempi in cui non ho vissuto

Per l'odore del prendere il largo e l'odore del pane caldo

Per la neve che si scioglie per i primi fiori

Per gli ammali puri che l'uomo non ha ancora spaventato

Ti amo per amare

Ti amo per tutte le donne che non amo

Chi mi riflette se non te io mi vedo cosi poco

Senza te non vedo altro che un infinito deserto

Tra ieri e oggi ci sono stati tutti questi morti che ho disteso sulla paglia

Non ho potuto rompere il muro del mio specchio

Ho dovuto imparare la vita momento per momento

Come si dimentica

Ti amo per la tua saggezza che non è la mia

Per la tua salute

Ti amo contro tutto ciò che non è altro che illusione

Per questo cuore immortale che non ho

Tu credi di essere il dubbio, ma invece non sei altro che la ragione

Tu sei it grande sole che invade la mente

Quando sono sicuro di me

Eluard - Le Phénix

IGINIO UGO TARCHETTI - Memento

Iginio Ugo Tarchetti: Memento

Anche in I. Ugo Tarchetti (1839-1869) Ë presente il provocatorio rovesciamento delle idealizzazioni romantiche. Nel suo romanzo Fosca la protagonista Ë una donna bruttissima e malatissima, appesa alla vita per un filo esilissimo, che infatti si spezza alle prime forti emozioni dell’amore. In questa poesia l’ossessione mortuaria raggiunge il culmine: il labbro profumato, il corpo vezzoso dell’amata sono solo vane parvenze che nascondono le fredde ossa d’un morto. Difficile stabilire se sia prevalente un reale senso del macabro o il gusto di procurare brividi al lettore.

Quando bacio il tuo labbro profumato,

cara fanciulla, non posso obbliare

che un bianco teschio vi Ë sotto celato.

Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso,

obbliar non poss'io, cara fanciulla,

che vi Ë sotto uno scheletro nascoso.

E nell'orrenda visione assorto,

dovunque o tocchi, o baci, o la man posi,

sento sporger le fredde ossa di un morto.

 

23. W. B. YEATS

QUANDO SARAI VECCHIA

Quando sarai vecchia e ingrigita e pesante di sonno,

e starai accanto al fuoco, tentennante,

prendi questo libro, leggilo lentamente

e sogna il dolce sguardo nei tuoi occhi d'un tempo e le loro ombre nel profondo;

Quanti amarono i tuoi momenti di ridente grazia,

e quanti altri la tua bellezza, di un amore falso oppure vero;

ma un solo uomo amò l'anima pellegrina che è in te

e il dispiacere nel volto alterato dagli anni;

Curvati, poi, a lato di queste sbarre roventi

e sussurra a te stessa, con un po' di malinconia,

come Amore fuggì e attraversò lassù quelle montagne

e nascose il suo volto dietro uno sciame di stelle.

(trad. Alessandra Zagli)

 

24. GERSHWIN - Porgy and Bess

G.Gershwin

My man’s gone now (da Porgy and Bess)

Testo di DuBose Heyward

My man’s gone now, ain’ no use a listening’

For his tired foot-steps climbing up de stairs.

Ah…

Ole Man Sorrow’s come to keep me comp’ny,

Whisperin’ beside me when I say my prayers…

Ah…

Ain’ dat I min’ workin

Work an’ me is travelers

Journeyin’ togedder to de promise land

But Ole Man Sorrow’s marchin’ all de way wid me

Tellin’ me I’m ole now

Since I lose my man

Ah…

Ole Man Sorrow sittin’ by de fire place,

Lyin’all night long by me in de bed

Tellin’ me de same thing mornin’, noon an’ eb’ning

That I’m all alone now

Since my man is dead

Ah….

Traduzione

Il mio uomo ne ne Ë andato ora, non serve a niente ascoltare i suoi passi stanchi che salgono le scale.

Ah!

Il Dolore Ë venuto a farmi compagnia, sussurrando accanto a me quando dico le preghiere.

Ah!

Non mi pesa lavorare. Io e il lavoro siamo viaggiatori che vanno insieme alla Terra Promessa.

Ma il Dolore cammina tutta la strada con me e mi dice che sono vecchia ora, da quando ho perso il mio uomo.

Il Dolore seduto al camino, sdraiato tutta la notte accanto a me nel letto, mi dice sempre la stessa cosa mattina, notte e pomeriggio, che sono tutta sola ora, da quando Ë morto il mio uomo.

Ah…

25. Jacques PREVERT - Le foglie morte

LE FOGLIE MORTE

Oh! Vorrei tanto che tu ti ricordassi

dei giorni felici in cui siamo stati amici

quando la vita era più bella

ed il sole più ardente di oggi.

Le foglie morte si raccolgono.

Tu vedi che non l'ho dimenticato

le foglie morte raccolgono

anche i ricordi ed i rimpianti

ed il vento del nord li porta via con sé

nella notte fredda dell'oblio.

Vedi che non ho dimenticato

la canzone che tu mi cantavi.

E' mia canzone che ci somiglia

tu mi amavi

ed io ti amavo

e vivevamo insieme

tu che mi amavi

ed io che ti amavo.

Ma la vita separa coloro che si amano

dolcemente

senza far rumore

ed il mare cancella sulla sabbia

i passi degli amanti non più uniti.

Le foglie morte si raccolgono

i ricordi ed i rimpianti anche

ma il mio amore silenzioso e fedele

sorride sempre e ringrazia la vita.

Ti amavo talmente tanto che tu eri cosÏ felice

come vuoi che ti dimentichi

quando la vita era più bella

ed il sole più ardente di oggi.

Tu eri la mia più dolce amica

ma adesso non mi resta che il rimorso

e la canzone che tu cantavi,

sempre, sempre la canterò.

E' una canzone che ci somiglia

tu mi amavi

ed io ti amavo

e vivevamo insieme

tu che mi amavi

ed io che ti amavo.

Ma la vita separa coloro che si amano

dolcemente

senza far rumore

ed il mare cancella sulla sabbia

i passi degli amami non più uniti.

 

PREVERT- PIAF - Les feuilles mortes

Lorenzo CAPOROSSI – I tuoi occhi

SCHUBERT - Serenata

Serenata

Sommessi ti supplicano i miei canti

nella notte, giù nel bosco silenzioso,

o diletta, vieni con me.

Sussurrando le flessuose cime degli alberi

stormiscono nella luce lunare,

non temere, amata,

il traditore che origlia ostile.

Senti cantare gli usignoli?

Ah! Ti implorano con i dolci lamenti,

ti supplicano per me.

Capiscono l’ardente desiderio del mio cuore,

conoscono il male d’amore.

Commuovono con toni argentini

ogni cuore sensibile,

lascia che anche il tuo cuore si commuova,

amata, ascoltami,

tremante ti attendo con ansia,

vieni, colmami di felicità!

 

29. GARCIA LORCA - La sposa infedele

 

 LA SPOSA INFEDELE di Federico Garcia Lorca

A Lydia Cabrera e alla sua moretta

E io che me la portai al fiume

credendo che fosse ragazza,

invece aveva marito.

Fu la notte di San Giacomo

e quasi per obbligo.

Si spensero i fanali

e s'accesero i grilli.

Alle ultime svolte

toccai i suoi seni addormentati

e di colpo mi s'aprirono

come rami di giacinti.

L'amido della sua gonnellina

suonava alle mie orecchie

come un pezzo di seta

lacerato da dieci coltelli.

Senza luce d'argento sulle cime

son cresciuti gli alberi

e un orizzonte di cani

abbaia lontano dal fiume.

*

Passati i rovi,

i giunchi e gli spini,

sotto il cespuglio dei suoi capelli

feci una buca nella fanghiglia.

Io mi levai la cravatta.

Lei si tolse il vestito.

Io la cintura e la rivoltella.

Lei i suoi quattro corpetti.

Non hanno una pelle così fine

le tuberose e le conchiglie

né i cristalli alla luna

risplendono di tanta luce.

Le sue cosce mi sfuggivano

come pesci sorpresi,

metà piene di brace,

metà piene di freddo.

Corsi quella notte

il migliore dei cammini

sopra una puledra di madreperla

senza briglie e senza staffe.

Non voglio dire, da uomo,

le cose che ella mi disse.

La luce dell'intendimento

mi fa esser molto discreto.

Sporca di baci e di sabbia

la portai via dal fiume.

Con la brezza si battevano

le spade dei gigli.

Agii da quello che sono,

da vero gitano.

Le regalai un grande cestino

di raso paglierino,

e non volli innamorarmi

perché avendo marito

mi disse che era ragazza

mentre la portavo al fiume.

Claudio PROVENZANO (classe III I)

Amore precluso

E con lo spirare fresco

di un vento estivo,

tu sei arrivata

ed io subito mi sono innamorato.

Nei miei sogni

appari seminuda,

con gli occhi socchiusi

che parlano

con la voce

del silenzio,

ho sempre voluto baciarti

ma tu non mi appartieni,

non sei mia

e mai lo sarai.

Vorrei proprio

far volar via

la tua immagine

dalla mia testa,

e se solo tu,

così caparbia,

non ti ostinassi

a fissarti, così in profondità

nella mia mente,

io ci riuscirei.

Vattene adesso,

proprio come sei arrivata

in un soffio di vento

vai!

E che mai più

il seme

di quella maledetta pianta

chiamata amore

germogli nel mio cuore.

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Lorenzo CAPOROSSI (classe III I)

I tuoi occhi nei miei occhi

una delicata carezza un dolce bacio

basta così poco per essere innamorato

Nel tuo sguardo mi incanto

nei tuoi occhi mi perdo

tra le tue braccia rinvengo