Continua con successo l’attività di scambio interscolastico fra studenti del Giotto Ulivi e Australia Nuova Zelanda.

Diamo il benvenuto dalle pagine  del galletto a due alunne del college Turakina Maori Girl della Nuova Zelanda e due professoresse loro accompagnatrici che in questi giorni  saranno ospitate presso famiglie mugellane.

Questa è la seconda fase dello  scambio fra studenti del Giotto Ulivi e il college Maori Neozelandese, infatti  l’alunna Maria Rinieri è già stata loro ospite per due settimane nel mese di luglio, mentre gli alunni Antonio Fabbri, Stefano Morozzi e Samuele Cantini sono stati ospitati per quattro settimane presso le famiglie e il college maschile Maori. Come già riportato sulle pagine del Galletto, avevamo già ospitato in aprile i ragazzi, con alcuni dei loro professori, dell’Hato Paora college sempre dalla Nuova Zelanda, offrendo loro la possibilità di visitare il nostro paese.

Un ringraziamento al prof. Paolo Badiali,  promotore di  questi progetti   che offrono   agli alunni del Giotto Ulivi  l’opportunità di fare  esperienze utili per l’apprendimento della lingua inglese, e costruttive per la formazione personale.

Ci auguriamo che la scuola, nonostante le sempre più esigue risorse a disposizione, vista l’importanza, la qualità del lavoro, dei programmi e dei contatti creati, possa concedere più spazi e risorse ai professori che seguono queste apprezzate attività, le quali hanno interessato, non solo scambi fra studenti dell’area anglofona, ma anche progetti di stage professionali, scambi di classi, scambi culturali ecc. presso alcuni paesi europei.

Il  dettaglio di tali “preziose” iniziative è consultabile sul sito del Giotto Ulivi www.giottoulivi.it

tenuto egregiamente aggiornato dai professori coinvolti.

 

Attraverso le parole di Stefano, cerchiamo di riportare  la profonda esperienza vissuta dai ragazzi mugellani.

 

  “ Così  ho conosciuto la cultura Maori.”

Sono arrivato al piccolo aeroporto di Palmeston North in una giornata invernale di forte vento. Ad aspettare me, Samuele e Antonio, la Prof.ssa Rosalin Williamson e il Prof. Ian Smith dell’Hato Paora College di Feeling. E’ iniziata così la nostra bellissima ed emozionante esperienza in Nuova Zelanda a contatto con una cultura, quella Maori, molto diversa dalla  nostra.

Conoscevo poco della Nuova Zelanda se non quello che sapevo della forte nazionale Kiwi di Rugby, i famosi All Blacks, possenti e muscolosi giocatori, robusti e massicci come lo sono quasi tutti i neozelandesi di origine Maori.

Numerosa è però in tutta l’isola  la presenza di inglesi che la colonizzarono circa 170 anni fa e imposero  la loro cultura, la loro religione e le loro usanze soffocando la cultura indigena, fortunatamente non con il sangue, come fu fatto in passato con gli indiani d’America, ma con la firma di un trattato di pacifica convivenza. Fu però vietato al popolo Maori, fra le altre cose, anche l’uso della loro lingua nativa e imposto l’inglese.

Sono stato ospite, insieme  ai miei amici, del College dove i ragazzi studiano ed imparano a riscoprire le loro antiche tradizioni e la loro lingua originaria. Siamo stati accolti dai circa 200 ragazzi con una Haka collettiva, tipica danza tribale usata in passato da questo popolo di natura pacifica per scoraggiare e spaventare il nemico. Vi garantisco che non ho mai assistito a niente di più impressionante e che meglio riuscisse a  provoca sensazioni quali meraviglia, stupore, gioia, paura ed eccitazione insieme.

Nella cittadina di Otaki sono stato poi accolto dalla famiglia di Oriwia Raureti, donna forte e determinata, mamma attenta e premurosa di Manaia (che  grazie a questo scambio  ha visitato l’Italia nella passata primavera) operatrice di un centro per il recupero e la valorizzazione della cultura  indigena (per chi vuole saperne di più  www.wananga.com ). Lei ha voluto presentare noi tre ragazzi italiani alla famiglia di cui fanno parte, praticamente l’antica “tribu”. Ci hanno ospitato nel grande edificio di legno, decorato con immagini e simboli che richiamano alla natura, soprattutto alla vegetazione e all’acqua da cui traevano il necessario per la sopravvivenza, che svolge funzioni di luogo di culto ma anche centro di ritrovo e assemblea. Hanno preparato per noi il tipico pasto, l’”Hangi”, scavando una profonda buca nel terreno, riempiendola poi di legna e dove, una volta ridotta in brace, è stata calata una cassa contenente il cibo (carne, patate, verdure) il tutto poi ricoperto di terra e lasciato cuocere per l’intero pomeriggio.

Oriwia mi ha medicato una ferita, fattami nella mano, con un antico rimedio da loro usato, ….mettendomi sulla ferita le ragnatele tolte dall’angolo della stanza!

Mi ha poi salutato con tanti doni da portare alla mia famiglia e mettendomi al collo una Pounamu,  una bellissima pietra di colore verde la quale è stata “benedetta” con una particolare preghiera e poi tuffata nelle acque del fiume Otaki in segno di unione e fratellanza; una protezione speciale dalle acque del fiume che dà la vita, per ricordarmi, negli anni a venire e dovunque vada, che una parte di me è indissolubilmente legata al popolo Maori.