Nel mese di maggio 2003 abbiamo partecipato ad un viaggio-studio, organizzato dall’amministrazione provinciale di Firenze, agli ex-campi di sterminio nazisti in Germania ed Austria in occasione del 58^ anniversario della liberazione. Durante questi giorni, abbiamo potuto visitare vari ex-campi di sterminio: il primo, in ordine cronologico, è quello di Dachau. Questo si trova in un sobborgo di Monaco di Baviera, è stato il primo istituito ufficialmente dal regime nazista ed era stato progettato inizialmente per 5.000 persone ma, in seguito, furono registrate più di 200.000 deportati, di cui 100.000 Italiani. I primi ospiti di Dachau furono gli avversari politici, ma successivamente furono internati delinquenti comuni, ebrei, etc.

Qui, alcuni prigionieri venivano stroncati dalla fatica, altri subivano la pena dei bunker dove erano incatenati o costretti a stare dentro cubicoli molto stretti senza aria né luce.

Attualmente nel campo ritroviamo delle baracche che sono state ricostruite in tempi successivi hallstattalla liberazione poiché esse furono distrutte per la diffusione nel campo di un’infezione tifoidea. Il campo di concentramento di Ebensee è situato sul lago di Traunsee;nel novembre del 1943 arrivarono qui i primi prigionieri. Loro iniziarono a costruire le baracche e, in seguito, anche un campo di officina: le costruzioni delle fabbriche si trovavano sotto le montagne ed erano collegate tra loro. I prigionieri, rispetto agli altri campi, vivevano in condizioni peggiori: le condizioni climatiche erano molto più dure, i deportati lavoravano molte ore senza un adeguato abEBENSEEbigliamento e c'erano anche cani addestrati contro le persone. Oggi, nel campo, sono state costruite delle villette: rimane solo uno spazio, che era stato acquistato dalla moglie di Lepetit, un uomo deportato che era noto in campo farmacologico, dove si trova un monumento in onore delle vittime uccise qui. Vicino ad esso, si trova un parco dove anni fa avevano scavato ed avevano ritrovato molti sacchetti di ossa dei deportati. E’ presente ancora la miniera in cui i deportati lavoravano duramente.

Il terzo campo di sterminio dove ci siamo recati è stato Mathausenquello di Mauthausen: considerato quello più importanteper tutta l'Austria. Il comandante si chiamava Franz Ziereis che aveva sotto di sé anche altri campi di concentramento importanti. La maggior parte dei deportati era costituita da uomini considerati dalle autorità nazionalsocialiste come elementi nocivi al popolo. Il campo si sviluppa su una collina: prigionieriMathausenqui possiamo notare una fortezza circondata da mura con alcune torri, grazie alle quali i militari potevano osservare tutti i movimenti che avvenivano all’interno. Appena entriamo, vediamo un grande piazzale nel quale tre volte al giorno veniva fatto l’appello. Ancora oggi possiamo trovare le baracche autentiche; l’elementoSopravvissuti Mathausen più toccante della struttura è senza dubbio la camera a gas poiché ci ha fatto pensare alle sensazioni che le persone potevano provare quando si rendevano conto quale sarebbe stata la loro fine. I cadaveri estratti dalla camera a gas venivano bruciati nei forni crematori e i camini disperdevano nell'aria le loro ceneri. MonumentoMathausenAl di fuoridella fortezza si trova la scala della morte, attraverso la quale si giungeva alla cava della pietra. Per far sì che i deportati, quando la percorrevano con i massi di pietra addosso, durassero più fatica, i gradini erano costituiti di grossi blocchi disuguali di roccia disposti senza nessun ordine. In prossimità della cava c'è anche un profondo precipizio denominato muro dei paracadutisti dal quale ogni giorno i LavoriMathausennazisti scaraventavano nel vuoto qualche deportato. Dopo la guerra, ogni nazione che aveva avuto delle vittime in questo campo, ha eretto un monumento di commemorazione.Nel castello di Harteim venne realizzato un programma di eutanasiaper dare la morte a quegli esseri umani colpiti da menomazioni. In questo luogo di orrore furono anche eseguiti molti esperimenti che i medici nazisti effettuavano sui deportati. Il castello disponeva di una camera a gas, di un forno crematorio e di un mulino trita ossa (usato per ottenere perfosfato da usare come concime).

L'ultimo campo che abbiamo visitato è quello della Risiera di San Sabba, unico in Italia costruito per lo smistamento dei deportati in Germania e in Polonia, ma successivamente venne utilizzato per l'eliminazione dei partigiani, dei detenuti politici e degli ebrei.
Qui troviamo la cella della morte dove venivano ammucchiati i prigionieri, poi c'è una stanza dove si trovano minuscole celle dentro le quali venivano stipati fino a sei prigionieri. In questo campo molte persone venivano uccise mediante gassazione causata dallo scarico dei neri furgoni delle S.S. All'interno del campo, attualmente, è presente un museo dove troviamo molte testimonianze dei deportati che lasciavano in punto di morte: la lettera più emozionante è quella di un ragazzo che scrive le sue ultime parole alla sua fidanzata.
Tra le persone che hanno condiviso con noi questa esperienza commuovente c’erano anche degli ex-deportati che ci hanno coinvolto con le loro tristi storie. Tra questi c’era il signor Renzo Montini, un uomo che era stato deportato a 15 anni e mezzo nel campo di sterminio da Mauthausen; egli in una foto del museo, si è riconosciuto insieme ai suoi compagni durante la liberazione avvenuta da parte degli Americani. Egli ci ha spiegato come trascorrevano la giornata nei campi e quali atrocità subivano dai nazisti.
Poi, c'era la signora Mirella che ci ha raccontato l'esperienza di suo fratello che purtroppo non è riuscito più a ritornare a casa: egli era stato catturato dai Repubblichini a Firenze, anche se dal punto di vista politico non aveva contrastato il regime e aveva un lavoro proprio. Successivamente venne portato nel campo di Ebensee e sua sorella ha avuto notizie sulla sua morte grazie alla signora Lepetit, artefice dell'attuale monumento ad Ebensee.

Tra i partecipanti del viaggio c'erano anche molti giovani delle scuole; gli ex-deportati ci hanno molte volte rivolto i loro discorsi affinché noi, che rappresentiamo le generazioni future, ci impegniamo a non far più accadere vicende come quelle compiute dal nazismo.
Infine, ringraziamo l'amministrazione provinciale di Firenze poiché ci ha fatto partecipare a questa bellissima esperienza che ci ha fatto sicuramente maturare. Speriamo che esperienze come quella dei "viaggi della memoria" possano continuare ad essere organizzati e proposti alle nuone generazioni.

 

 

I PARTECIPANTI: Prof.ssa Anna Borgini, Francesco Vannini, Gaia Simonetti, Valentina
         Brunetti, Elisa Tagliaferri e Valentina Iacomi.