PRESENTAZIONE
Gli ultimi dieci anni hanno visto l’aumento degli alunni stranieri nella
scuola dell’obbligo e recentemente anche un incremento anche nella scuola
superiore, soprattutto a seguito dell’innalzamento dell’obbligo
scolastico.
Molti di loro sono nati qui o sono arrivati nel nostro paese per ricongiungersi
alla famiglia divisa dalla migrazione, oppure sono fuggiti da situazioni di
guerra e di pericolo.
Il loro inserimento ha necessariamente portato gli insegnanti a rivolgere l’attenzione
alla nuova realtà e ai loro bisogni, e ad attuare nuove proposte metodologiche
per un inserimento positivo.
Progressivamente si prende coscienza che non è solo un problema linguistico
comunicativo quello a cui si è chiamati a rispondere, ma coinvolge la
scuola in una dimensione più vasta . Ci si deve interrogare sui contenuti
disciplinari, sulle modalità di relazione e comunicative all’interno
della classe, sull’importanza di conoscere il percorso scolastico del
ragazzo e la sua dimensione culturale.
Le nostre classi stanno diventando sempre più multiculturali e plurilingue.
Questa nuova sfida che la scuola affronta con coraggio, con inventiva e scarsità
di mezzi, ha comunque permesso ormai di indicare un percorso per l’inserimento
degli alunni stranieri, con attenzione sia alle metodologie di insegnamento
della L2, che all’accoglienza e alla educazione interculturale.
E’ quello che presentiamo in questo testo, ricercando quelle indicazioni
che permettano ai docenti, che si trovano per la prima volta ad occuparsi di
questa realtà, di affrontare la loro attività con dei riferimenti
di esperienze già attuate. Necessariamente le indicazioni sono sintetiche
e rappresentano semplicemente una traccia a partire dalla quale l’insegnante
svilupperà il suo percorso di insegnamento.
INDICE :
1. COME ACCOGLIERE L’ALUNNO STRANIERO?
Iscrizione
Prima conoscenza e assegnazione alla classe
Inserimento nella classe e interventi di facilitazione
2. L’ATTENZIONE ALLA RELAZIONE
Come facilitare la relazione nella classe?
Le parole degli insegnanti
Le parole dei compagni
3. L’ ITALIANO COME SECONDA LINGUA (L2)
E’ importante la L1 nell’apprendimento della L2?
3.1. Quale lingua per comunicare?
Gli approcci didattico metodologici dell’insegnamento dell’italiano
L2
Che cos’è l’interlingua?
Quale è il metodo migliore?
Quali indicazioni didattiche?
Quali argomenti presentare?
Quali materiali utilizzare?
3.2. Quale lingua per studiare?
Quale approccio metodologico dell’italiano per studiare?
La semplificazione testuale
Quale percorso di apprendimento ?
4. VALUTAZIONE
5. EDUCAZIONE INTERCULTURALE
Quali le strategie operative ?
Quali i contenuti ?
1. COME ACCOGLIERE L’ALUNNO STRANIERO?
“Quando si inserisce un ragazzo straniero immigrato si accoglie anche
il suo senso di smarrimento e disorientamento. Lo si deve aiutare a trovare
il suo posto fra il qui e l’altrove, tra lingue e culture.”( Favaro,
Ni Hao, 2000 )
Il momento dell’accoglienza è importante perché si pongono
le basi per un positivo inserimento dell’alunno nella nuova realtà
scolastica. E’ quindi utile ampliare il significato del termine accoglienza,
visto non solo come una successione di atti didattici e burocratici, ma anche
come riconoscimento da parte dell’insegnante delle potenzialità
che l’alunno straniero ha di apprendere e di imparare la nuova lingua
e le discipline, dopo un naturale periodo di ambientamento.
“Si dovrebbe quindi operare per un’ accoglienza competente, attenta
ai bisogni ma anche fiduciosa nella possibilità degli alunni di superare
il momentaneo periodo di difficoltà determinato dalla scarsa conoscenza
della L2, capace quindi di contenere ansie, timori, spaesamento e nel contempo
presentare e far rispettare le regole.”(Favaro, 2000)
In questi anni sono stati redatti in molte scuole con presenza di alunni stranieri
dei “Protocolli di accoglienza” deliberati dal collegio docenti,
che contengono sia le indicazioni riguardanti l’iscrizione e il primo
inserimento degli alunni stranieri, sia le modalità per facilitare l’apprendimento
della lingua italiana. Spesso, insieme alla stesura del protocollo, viene creato
anche un gruppo o una commissione di accoglienza, costituita da due/tre docenti
e dal dirigente scolastico, che si occupano specificatamente della prima fase
dell’inserimento dell’alunno straniero.
Vengono di seguito indicate alcune proposte tratte dal protocollo di accoglienza,
circa l’iscrizione, l’assegnazione alla classe, l’inserimento
e gli interventi di facilitazione.
(Bettinelli, 2000)
E’ opportuno che all’interno della segreteria vi sia qualcuno responsabile
dell’iscrizione degli alunni stranieri al fine di migliorare progressivamente,
abilità comunicative e relazionali con questa utenza. E’ utile
fornire subito agli adulti responsabili dell’alunno i documenti e un testo
informativo, nella lingua d’origine, sul funzionamento della scuola italiana,
in modo da dare un’immagine della scuola attenta all’inevitabile
disorientamento presente nelle famiglie dei nuovi iscritti. Questo materiale
approntato sia dagli enti locali che dai provveditorati, riguarda anche moduli
riguardanti avvisi, richieste di permessi, giustificazioni per assenze, convocazioni
per colloqui con insegnanti, in modo da facilitare la comprensione del funzionamento
della scuola da parte della famiglia dell’alunno ed anche una futura partecipazione
da parte della famiglia.
La consegna di documentazione bilingue o in lingua d’origine propone un
volto “amichevole” della scuola così come l’esposizione
di avvisi e indicazioni in lingua nelle bacheche, sui muri e sulle porte della
scuola. E’ anche possibile prevedere l’intervento di mediatori linguistici
che possono essere messi a disposizione da enti locali e associazioni sulla
base di convenzioni e accordi.
E’ necessario sottolineare che la risposta della famiglia dell’alunno
straniero può non essere da subito partecipativa. Spesso dipende da ritrosia
dovuta alla scarsa conoscenza dell’italiano, o da modalità culturali
verso la scuola diverse dalle nostre. A questo proposito è spesso emblematico
l’esempio di genitori cinesi che ritengono sia espressione di mancanza
di fiducia verso l’insegnante l’interessarsi della situazione scolastica
del figlio.
PRIMA CONOSCENZA E ASSEGNAZIONE ALLA CLASSE
Il quadro dell’accoglienza deve tener conto di tutte le caratteristiche
individuali, familiari, e quelle legate al profilo linguistico e alla storia
scolastica. Per realizzare tutto questo può essere utile, come abbiamo
visto anche all’atto dell’iscrizione, disporre di materiali informativi
sui paesi d’origine, strumenti e questionari sugli stessi.
A questo proposito si veda la valigetta per l’accoglienza realizzata dal
Centro Come, che contiene :” Parole per accogliere”, il vademecum
“Tutti a scuola”, la collana “Ti racconto il mio paese”,
il questionario bilingue per conoscere gli alunni neoarrivati, i testi prodotti
dal centro COSPE di Firenze “Parole non dette”. Schede per la rilevazioni
di abilità cognitive e funzioni di base (lateralizzazione, logica, memoria,
orientamento), le schede relative ai sistemi scolastici e linguistici dei paesi
d’origine elaborate dal CESPI di Milano.
In questa fase vengono quindi raccolte informazioni sia sulla storia personale
e scolastica dell’alunno, sulla sua situazione familiare, sugli interessi,
le abilità, le competenze possedute. Per questa rilevazione possono essere
utilizzate le fotografie, il disegno, delle prove logiche matematiche, organizzate
su diversi livelli di competenza, prove di comprensione e lettura di domande
circa la conoscenza di una lingua straniera, dal momento che gli adolescenti
a volte hanno studiato una lingua straniera nel loro paese d’origine.
Quando la comprensione della lingua lo permette, è importante rilevare
le loro conoscenze pregresse, al fine di valorizzarle, anche in vista dell’inserimento
nella classe.
INSERIMENTO NELLA CLASSE E INTERVENTI DI FACILITAZIONE
Il sistema educativo italiano ha scelto la via di un inserimento dell’alunno
straniero nella classe corrispettiva a quella che avrebbe frequentato nel paese
d’origine o a quella immediatamente inferiore. Questo comporta anche la
necessità di un insegnamento di tipo intensivo dell’italiano per
l’alunno straniero neoarrivato.
Nei casi in cui esiste la possibilità di un insegnante distaccato sul
progetto per l’ inserimento degli alunni stranieri (insegnante facilitatore)
si è notata un’accelerazione nell’apprendimento della lingua
da parte dell’alunno e del suo ambientamento nella realtà scolastica.
Anche l’immediato contatto con i compagni, con i “pari”, accelera
l’apprendimento del nuovo idioma. (Balboni, 2000)
Quando invece non esiste un insegnante distaccato, è la singola realtà
scolastica che deve organizzarsi per trovare al suo interno una disponibilità
oraria che permetta agli alunni un insegnamento individualizzato della nuova
lingua.
Vengono di seguito indicati schematicamente alcuni modelli organizzativi attuati
in scuole superiori di Milano e provincia ( da progetti depositati al centro
COME, anno 2000/2001):
IST. PROF. BERTARELLI diurno/serale
ë Corsi intensivi ad inizio d’anno:
-corso livello elementare di 40 ore suddivise in 20 lezioni con frequenza settimanale.
-corso di livello intermedio di 20 ore ( solo per il serale ).
ë Intese di lavoro, per la programmazione educativa individualizzata e
l’inserimento graduale nella classe, tra docenti delle scuole medie inferiori
e delle superiori.
ë Inserimento iniziale degli studenti stranieri nella classe prima per
facilitare l’apprendimento della lingua italiana e del lessico delle discipline
che caratterizzano l’indirizzo di studi.
ë Programmazione dei Consigli di Classe per formulare percorsi individualizzati
che riconoscano le loro specificità culturali.
ë Definizione dei crediti linguistici ( inglese, spagnolo, tedesco,ecc.)
e possibilità di uscita dal gruppo classe per interventi individualizzati
di supporto( effettuati da docenti tutor in ore curricolari).
ë Riconoscimento dell’equipollenza degli studi svolti nel paese d’origine
, che permette il passaggio dalla prima alla terza classe, con relativo accesso
all’esame di qualifica.
Risorse umane:
Insegnanti della scuola
Risorse economiche:
fondi IDEI
PROGETTO OCTOPUS
Progetto di rete fra otto scuole medie e cinque istituti superiori (biennio)
per l’insegnamento della L2 ; la sede è stata una delle scuole
coinvolte e ha visto la partecipazione di circa 30 studenti divisi per livello
delle diverse scuole, durante le ore di insegnamento curricolare del mattino
per un totale di 42 ore ( 3 ore e mezza per 12 gg. alternati nell’arco
delle settimane ). Il modulo è stato attivato due volte : all’inizio
di ottobre e fra febbraio e marzo.
Risorse umane:
Cinque insegnanti in pensione.
Risorse finanziarie:
finanziamento del Provveditorato
Istituto professionale “Oriani – Mazzini”
Attivazione di moduli intensivi di insegnamento dell’ italiano presso
la scuola ed aperti anche ad altre scuole del territorio realizzati all’interno
della scuola insieme al Centro di Educazione Permanente del Comune di Milano(
CEP ). I corsi si sono svolti per 3 ore al giorno per quattro settimane e sono
stati attivati in alcuni momenti dell’anno. Il Comune garantisce anche,
durante l’anno scolastico, un laboratorio linguistico settimanale di un’ora
e mezza per il livello base e di un’ora e mezza per l’ intermedio/avanzato.
Quest’ultimo laboratorio è finalizzato soprattutto all’apprendimento
del lessico e dei contenuti specifici di alcune discipline.
Risorse umane:
personale CEP
Risorse finanziarie:
Comune di Milano
Ist. TEC. COM. “PRIMO LEVI” ( Provincia )
Il progetto nasce dalla collaborazione fra la scuola “Primo Levi”
di Seregno e il CTP (Centro Territoriale Permanente) di zona. Questo ha permesso
ë l’attivazione di un corso di lingua italiana in orario pomeridiano,
il martedì e il giovedì dalle 15,30 alle 18, per ragazzi stranieri
frequentanti alcune scuole superiori nel territorio; il corso è durato
tutto l’anno.
ë attivazione di un laboratorio linguistico di approfondimento di 7 ore
settimanali con l’obiettivo di consolidare la conoscenza della L2 e acquisire
i livelli minimi della L2 dello studio.
Risorse umane:
Insegnanti della scuola e insegnante del CTP
Risorse finanziarie:
Fondi IDEI e dell’autonomia
In tutte le esperienze considerate viene sempre sottolineata l’importanza
del lavoro svolto dagli insegnanti del consiglio di classe nella ridefinizione
degli obiettivi delle singole discipline e del curricolo per gli alunni stranieri
neoarrivati.
Viene anche sottolineata la necessità di flessibilità oraria nella
programmazione annuale per quanto riguarda l’inserimento dell’alunno
straniero. Infatti le ore di intervento a piccoli gruppi e fuori dalla classe
diminuiscono con il progressivo apprendimento della L2.
Per saperne di più :
ü G. Bettinelli, G. Favaro, Protocollo di accoglienza, Centro COME 2000
ü G. Favaro (a cura di), Alfabeti interculturali, Guerini Associati, 2000
ü Centro COME, ISMU, NI HAO e SALAM. Lingue e culture a scuola, 2000
ü P. Balboni, approccio all’italiano per alunni stranieri, Petrini,
Torino 2000
ü Centro COME, Ufficio scolastico Provinciale di Milano, Tutti a scuola,
1999
ü Centro COME, Valigetta per l’accoglienza, materiali per l’inserimento
2. L’ATTENZIONE ALLA RELAZIONE
La sfida di questi anni si giocherà molto all’interno della scuola
e della sua capacità di valorizzare anche la diversità intellettuale,
culturale degli alunni, per stimolare la conoscenza reciproca e il dialogo .
Non è quindi positivo vedere i nuovi alunni solo come un” problema
“ o non vederli affatto, facendoli diventare dei “ragazzi invisibili”,
destinati ad abbandonare quanto prima la struttura scolastica, dopo una serie
di insuccessi.
Questo necessita però da parte dell’insegnante un lavoro sulla
sua relazione con i nuovi arrivati, in cui si riescano a controllare le inevitabili
ansie che questi inserimenti comportano.
COME FACILITARE LA RELAZIONE NELLA CLASSE?
Come si diceva precedentemente è molto importante tener conto del dato
relativo alla scolarità pregressa degli alunni al momento dell’accoglienza,
perché questo ci consente di calibrare le richieste e di non essere né
troppo” accudenti e protettivi”, né eccessivamente “richiedenti”.
(Bettinelli,Demetrio,1992)
Le parole degli insegnanti ci aiutano a capire le loro difficoltà ed
il tipo di relazione che essi instaurano verso l’alunno/a straniero.
“Non dice una parola di italiano”
Spiazzamento e stupore, ansia e inadeguatezza, sono le sensazioni che provano
gli insegnanti in un primo approccio con gli alunni neoarrivati, con i quali
la comunicazione è come sospesa ed esiste una reale difficoltà
ad entrare in relazione.
Questa situazione però è del tutto naturale e non durerà
a lungo. Infatti l’apprendimento della lingua della comunicazione legata
al “qui e ora” avviene di solito in tempi abbastanza brevi.
“Non possiede gli strumenti di base della mia materia”
Può dipendere dal percorso scolastico precedente, ma anche dalla momentanea
non conoscenza della lingua di arrivo. Spesso infatti gli alunni riescono a
superare facilmente le lacune che presentano in alcune discipline quando si
sono impadroniti della nuova lingua ed hanno avuto la possibilità di
un insegnamento individualizzato della disciplina per qualche ora.
“Non riesce a seguire la mia materia”
I tempi richiesti per comprendere ed utilizzare la lingua dello studio sono
più lunghi rispetto a quelli richiesti per apprendere la lingua per comunicare,
come vedremo nel paragrafo dedicato a questo aspetto dell’apprendimento.
Considereremo anche come l’insegnante può già iniziare un
insegnamento del lessico specifico quando l’alunno è agli inizi
dell’apprendimento della L2 e con tutta la classe.
“Da te non lo pretendo perché sei straniero”
Queste parole sono valide all’inizio del percorso di apprendimento della
L2 dell’alunno straniero, ma successivamente rivelano spesso atteggiamenti
propri di un insegnante troppo protettivo che, pur comprendendo le reali difficoltà
dell’alunno nel suo percorso di apprendimento della lingua, tende a fare
richieste di prestazioni troppo basse, che limiteranno le possibilità
del percorso successivo dell’alunno .
“Italiano o straniero, devi fare le stesse cose e lo stesso programma”
In questo caso l’insegnante si pone fin dall’inizio con richieste
eccessive, senza rispettare i tempi di apprendimento della L2 e soprattutto
senza valutare i reali miglioramenti fatti dall’alunno nel suo percorso
di apprendimento della nuova lingua. Spesso questo atteggiamento ingenera nel
ragazzo un senso di continua inadeguatezza e frustrazione che porta l’alunno
ad una sempre minore partecipazione al lavoro scolastico fino, a volte, ad abbandonare
la scuola.
LE PAROLE DEI COMPAGNI
L’arrivo di un nuovo alunno nella classe determina sempre nuove dinamiche
relazionali, e questo accade ancor di più quando l’alunno neoarrivato
parla un’altra lingua ed è straniero.
Nella scuola superiore attualmente molti alunni stranieri si iscrivono ad istituti
professionali ad orientamento linguistico o a corsi professionali. Pochi si
iscrivono al liceo o all’istituto tecnico, se non hanno almeno un triennio
di frequenza nella scuola italiana dell’obbligo.
Ascoltando le parole degli alunni italiani e di quelli stranieri si nota una
difficoltà iniziale da entrambe le parti, determinata soprattutto dalla
fatica a comunicare in italiano. Questa situazione intimorisce lo straniero,
ma anche l’autoctono:
“A volte mi sento a disagio perché non conosco la loro lingua “
(Luisa, ragazza italiana), anche se spesso il disagio maggiore lo provano gli
stranieri quando i compagni ne approfittano per la loro scarsa conoscenza del
nuovo idioma: “Il primo anno mi dava fastidio che ridessero di me quando
sbagliavo qualche termine, o che mi dicessero qualche brutta parola“ (Rashid,
ragazzo straniero).
Al di là delle difficoltà comunicative iniziali, ci possono essere
atteggiamenti di accettazione immediata o di rifiuto verso il compagno portatore
di una cultura diversa. Per alcuni la diversità affascina, per altri
disturba: “Percepisco una differenza di culture, di mentalità e
di lingue, però queste differenze mi affascinano“ e ancora “E’
bello imparare le canzoni, i diversi modi di salutare“ (ragazze italiane).
Al contrario vengono rifiutati a volte perché li si accusa di essere
orgogliosi: “Vengono trattati male perché si sentono superiori“
(ragazzo italiano) anche se spesso l’apparente distacco nasconde una profonda
timidezza e il disagio di fronte alla nuova situazione.
Solitamente, dopo il primo anno, l’alunno straniero, con il miglioramento
della sua comunicazione verbale riesce a integrarsi meglio nella classe, anche
se spesso per lui è difficile intrecciare vere amicizie : si sta bene
in classe ma poi non ci si vede al di fuori della scuola, per motivi che dipendono
a volte da entrambe le parti. Spesso quindi gli alunni stranieri fanno gruppo
a sé: “Stanno fra di loro. Ci sono due gruppi, gli italiani e gli
stranieri.“ (ragazza italiana)
Alcuni insegnanti hanno raccontato che spesso i ragazzi stranieri che decidono
di proseguire gli studi e di frequentare un istituto superiore, particolarmente
motivati verso la scuola, sono invisi ai compagni; è la sindrome del
ragazzo studioso, del “ secchione”, personaggio non molto amato
da certi gruppi di compagni, a cui si aggiunge la sua diversità di straniero.
Questa situazione non è facile da sopportare per alcuni ragazzi che,
a volte, decidono addirittura di non proseguire gli studi.
Diventa quindi importante che l’insegnante sia attento alle dinamiche
relazionali all’interno del gruppo classe, per aiutare a creare un clima
sufficientemente disteso e collaborativo.
Per saperne di più
ü G. Bettinelli, D. Demetrio, Insegnanti e rappresentazione del bambino
straniero, Scuola e città n° 8
3. L’ ITALIANO COME SECONDA LINGUA (L2)
Parliamo in questo contesto di insegnamento di italiano come seconda lingua
piuttosto che come lingua straniera, perché la lingua italiana viene
insegnata nel paese in cui è anche la lingua ufficiale parlata dai suoi
abitanti. Si parla invece di insegnamento di italiano come lingua straniera
quando è insegnata in un luogo dove non è anche l’idioma
parlato dalla popolazione ; ad esempio l’italiano appreso in Gran Bretagna
o in un qualsiasi altro paese straniero.
Si comprende come l’apprendimento della L2 sia facilitato da un alto grado
di esposizione alla nuova lingua e al suo uso quotidiano, e quindi sia reso
anche più veloce dai numerosi stimoli linguistici a cui quotidianamente
è esposto l’apprendente.
E’ IMPORTANTE LA L1 NELL’APPRENDIMENTO DELLA L2?
Quando si inizia ad insegnare o ad apprendere una lingua straniera si è
portati a pensare che l’apprendimento sia più veloce se si utilizza
il più possibile la nuova lingua, dimenticando progressivamente la L1.
A questa idea sottende una visione “idraulica” della mente, da cui
deve “uscire” la L1 ed “immettervi” la L2.
Questo approccio, che è stato seguito fino agli anni ’70, non si
è rivelato in realtà positivo nell’acquisizione di una buona
competenza linguistica in L2, determinando anche un arresto nell’uso e
approfondimento della L1: si verificava spesso il fenomeno del semilinguismo
o bilinguismo sottrattivo, secondo cui il soggetto rischiava di non essere più
adeguatamente competente né in L1 né in L2.
Spesso infatti i problemi che incontrano i ragazzi che presentano un “bilinguismo
di immigrazione” dipendono dalla non identificazione né con la
lingua e cultura di L1 né con quella di L2.
E’ importante quindi valorizzare la L1 dell’apprendente, invitandolo
ad usarla ed arricchirla nelle occasioni di vita familiare e sociale che si
presentano al ragazzo/a. Infatti la L1 e la L2 hanno pari importanza nello sviluppo
cognitivo e comunicativo dell’alunno, mentre esteriormente avranno funzioni
diverse: la L1 avrà un ruolo più “familiare”, sarà
la lingua degli affetti; la L2 avrà un ruolo più formale, pubblico,
sarà la lingua della relazione esterna e del lavoro.
3.1. QUALE LINGUA PER COMUNICARE?
Il percorso di apprendimento della lingua L2 parte dalla lingua per comunicare
con i compagni e l’insegnante. Si privilegia quindi la lingua orale “contestualizzata”,
cioè il più vicina possibile a situazioni comunicative dell’esperienza
quotidiana dell’alunno.
E’ la lingua del “qui e ora”, che permette di superare le
barriere comunicative iniziali e la fase di silenzio, di stabilire il contatto,
di esprimere bisogni e richieste, di capire ordini e indicazioni. Facendo riferimento
alle funzioni linguistiche dello Jakobson inizialmente si privilegia quindi
la funzione interpersonale (fatica) e quella regolativo - strumentale ( vedi
schema negli approcci metodologici).
Successivamente la L2 diventa anche lingua per narrare, esprimere stati d’animo,
riferire esperienze personali, desideri, progetti. Si passa cioè alla
funzione personale.
Questo passaggio dipende, oltre che da un intervento didattico adeguato, dalla
motivazione dell’alunno ad apprendere la lingua rispetto anche al suo
progetto di inserimento nella nuova realtà e a quello della sua famiglia,
oltre che da occasioni di aggregazione e di relazione con nativi.
Superato il primo periodo di ambientamento, durante il quale si privilegia l’ascolto
e il parlato, si attiva anche l’apprendimento del leggere e dello scrivere.
Si passerà da testi e messaggi di tipo personale, a testi di tipo informativo
e narrativo; dalla lingua per comunicare alla lingua per studiare.
GLI APPROCCI DIDATTICO METODOLOGICI DELL’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO
L2
I diversi approcci di insegnamento si rifanno ad ipotesi di teorie dell’apprendimento
linguistico.
Mentre negli anni Quaranta e Cinquanta ha dominato l’ipotesi dell’
analisi contrastiva, successivamente, negli anni Sessanta si è imposta
l’ipotesi della grammatica generativo - trasformazionale di Chomsky.
Con l’ipotesi contrastiva si fa un’analisi esterna dei sistemi linguistici
della L1 e L2, si mettono a confronto i due sistemi per individuarne i nodi,
le difficoltà che l’alunno potrebbe incontrare nel suo percorso
di apprendimento, che consiste nell’acquisizione di nuove abitudini linguistiche,
attraverso esercizi anche ripetitivi focalizzati sui “nodi”, cioè
su quelle forme strutturalmente e morfologicamente diverse fra le due lingue.
Successivamente, negli anni Sessanta, questa ipotesi linguistica viene messa
in discussione dall’ipotesi della grammatica generativa, proposta da Chomsky.
Il punto di partenza è diverso : l’attenzione non è più
sul confronto dei sistemi grammaticali delle due lingue, ma su quanto avviene
all’interno della mente dell’apprendente nel suo processo di acquisizione.
Quest’ultimo è visto in una prospettiva completamente diversa:
l’alunno non sta interiorizzando abitudini e comportamenti linguistici
automatici, ma sta scoprendo delle regole. E’ lui che genera il proprio
sistema linguistico grazie a un dispositivo innato di acquisizione del linguaggio
(LAD - Language Acquisition Device), una specie di organo del linguaggio, che
basandosi su pochi principi innati formula ipotesi sulle regole che presiedono
alla lingua ed arriva quindi a parlare correttamente il nuovo idioma. In questo
processo il soggetto utilizza abilità cognitive come l’analisi,
la memorizzazione, l’attenzione, il ragionamento, la soluzione di problemi.
L’apprendente è visto nel suo ruolo attivo e creativo, mentre nell’
analisi contrastiva era visto come un soggetto passivo che doveva impadronirsi
di nuove “abitudini“.
Nell’ambito di questa ipotesi l’errore dell’apprendente è
visto in modo positivo, come espressione di un apprendimento in atto.
Queste considerazioni portano successivamente alla nozione di interlingua, elaborata
da Selinker (1972).
CHE COS’È L’INTERLINGUA?
L’interlingua è il sistema linguistico che l’apprendente
attraversa nel suo percorso di apprendimento dalla L1 alla L2. E’ quindi
un sistema governato da regole che solo in parte corrispondono alle regole della
lingua d’arrivo. Esso indica, come si diceva in precedenza, che è
in atto un processo di apprendimento della lingua e gli “errori”
sono indicativi proprio di questo!
In campo linguistico è ormai accertato che ogni lingua ha una sua interlingua,
cioè passaggi caratteristici nell’apprendimento, indipendentemente
dalla L1 di provenienza degli apprendenti.
L’INTERLINGUA DELL’ITALIANO L2 È CARATTERIZZATA DA:
(LIVELLO BASE)
- MORFOLOGIA ASSENTE O MOLTO SEMPLICE
- NEGAZIONE ESPRESSA ATTRAVERSO UNA PARTICELLA INVARIABILE
- FRASI IMPOSTATE SECONDO LO SCHEMA TEMA-REMA, CIOÈ L’ARGOMENTO
CONOSCIUTO VA ALL’INIZIO E L’ARRICCHIMENTO DOPO
- USO SCARSO O NULLO DELLA COPULA
- I DIVERSI TEMPI VERBALI SONO ESPRESSI DALL’INFINITO O DAL PARTICIPIO
ACCOMPAGNATO DA AVVERBI DI TEMPO (IERI MANGIARE, DOMANI ANDARE) MANCANZA DI
ARTICOLI E PREPOSIZIONI
- USO DELLA GESTUALITÀ E DI SEGNALI NON VERBALI PER COMPLETARE IL SENSO
DELLA COMUNICAZIONE
- ASSENZA DI ARTICOLI O SOVRAUSO DELL’ARTICOLO” LA”
- PRIMO TENTATIVO DI ACCORDO DI GENERE DETTATO DA FENOMENI DI RIMA ( LA PROBLEMA,
LA CINEMA )
- ASSENZA DI ACCORDO TRA NOME E AGGETTIVO (AMICI ITALIANO)
(LIVELLO INTERMEDIO )
- L’APPRENDENTE ACQUISISCE GRADUALMENTE I MEZZI MORFOLOGICI PER ESPRIMERE
LA NOZIONE DI TEMPORALITÀ;
USA AVVERBI CHE ASCOLTA FREQUENTEMENTE E CHE SI RIFERISCONO AD EVENTI
RISPETTO AL SÉ: QUI, ADESSO, OGGI, IERI
COLLOCA GLI EVENTI IN UNA SUCCESSIONE TEMPORALE (POI, DOPO)
- LA SEQUENZA DI ACQUISIZIONE VERBALE PUÒ ESSERE COSÌ SINTETIZZATA:
- PRESENTE > PARTICIPIO PASSATO > PASSATO PROSSIMO > IMPERFETTO >
PERIFRASI PROGRESSIVA (STO FACENDO) > CONDIZIONALE > FUTURO
- COMPARE L’IMPERFETTO CON FUNZIONE DURATIVA
- SI COMINCIANO AD ACCORDARE I NOMI CON GLI AGGETTIVI A CUI SI RIFERISCONO
- USO DI DOVERE E POTERE CONIUGATI NELLE FORME DEL PRESENTE E DEL CONDIZIONALE,
- APPRESO PERÒ COME FORMULA NON ANALIZZATA: VORREI, DOVREI.
(LIVELLO AVANZATO)
INFINE L’INTERLINGUA AVANZATA, IN CUI L’APPRENDENTE SI AVVICINA
SEMPRE PIÙ ALLA LINGUA OBIETTIVO:
- - COMPARE L’ACCORDO TRA SOGGETTO E PARTICIPIO PASSATO
- - COMPARE L’USO DEL CONGIUNTIVO E DEL CONDIZIONALE NELLA FORMA DECLINATA
L’acquisizione della lingua dipende da diversi componenti quali l’apprendente,
l’insegnante, il contesto e il contenuto. Si comprenderà quindi
come l’utilizzo di un metodo o di un aspetto di esso dipenderanno dalle
scelte che l’insegnante farà in rapporto a questi fattori.
Attualmente si è propensi a proporre “un approccio integrato”,
cioè che utilizzi tecniche prese dai diversi approcci piuttosto che applicare
un metodo nella sua interezza. Quindi si può dire che non esista “il
metodo migliore”.
Prevalgono comunque i metodi comunicativi - funzionali, perché incoraggiano
l’acquisizione spontanea della seconda lingua, con momenti successivi
di approfondimento metalinguistico, cioè di riflessione sulla lingua.
Quest’ultimo passaggio dovrebbe avvenire in modo induttivo e successivamente
avere dei momenti di rinforzo attraverso esercizi strutturati che riguardano
elementi morfologici e sintattici.
A volte gli alunni chiedono proprio questo tipo di esercizi perché danno
loro l’idea di stare“ seriamente” apprendendo la lingua seconda,
anche perché spesso queste erano le modalità di apprendimento
nella scuola d’origine.
Una lezione tipo, condotta durante l’ insegnamento a piccolo gruppo, dovrebbe
prevedere (G. Favaro, 1999):
· Una fase iniziale di apprendimento della lingua orale attraverso routines
comunicative scolastiche, un lessico legato al “qui e ora”, interazioni
personali di base, modi di dire, occasioni linguistiche comunicative che gli
alunni hanno nella vita quotidiana. Si alternano routine e comandi. In questa
fase prevale l’attenzione all’ascolto e la comprensione, in un clima
rilassato e di fiducia.
· Un secondo momento in cui si utilizzano immagini, fotografie e disegni
e si affronta la dimensione della storia personale in senso spazio-temporale:
i riferimenti al luogo di provenienza, ai ricordi ad esso connessi e al collegamento
di questi ultimi con l’esperienza presente. Inizialmente si indicheranno
e scriveranno le didascalie alle immagini, poi si svilupperanno i campi lessicali
ad esse connessi, si impareranno domande collegate al vissuto a cui rispondere
con affermazione/negazione e da fare successivamente ai compagni. Quindi si
proporranno esercizi di abbinamento, collegamento, riempimento su quanto presentato.
· Un momento ulteriore in cui si rivedono insieme le strutture linguistiche
e lessicali apprese, anche attraverso esercizi a risposta sì/no, completamento,
scelta multipla, trasformazione, riempimento.
· Infine la ripresa delle strutture, del lessico presentato più
e più volte, attraverso anche riformulazione e arricchimento ; la ripetizione
o meglio la ridondanza aiuta l’apprendimento.
Tipo di frase
· dichiarativa
· interrogativa
· imperativa
Frasi di base
· soggetto + verbo intransitivo (dormo), riferite a situazioni quotidiane
e ricorrenti
· soggetto + verbo transitivo diretto + complemento oggetto(Karim prende
il pallone)
· soggetto + verbo transitivo indiretto + complemento indiretto (io scrivo
alla nonna)
· soggetto + verbo transitivo con due complementi (do il libro a Karim)
· soggetto + verbo essere nelle varie forme
- essere + complemento di luogo
- essere + aggettivo (sono stanco)
- essere + nome (sono Karim)
- essere + gruppo nominale (sono amico di Luca)
· soggetto + verbo avere nelle varie forme (ho fame; ho dieci anni; ho
due sorelle; …)
· soggetto impersonale + verbo (piove)
· frasi di “presentazione” (ecco … / c’è
… / ci sono …)
Elementi sui quali viene portata l’attenzione
Nella frase semplice vengono analizzati:
· la relazione soggetto – verbo
· la relazione verbo – complemento oggetto
verbo – complemento di circostanza
· il gruppo nominale (genere, numero)
· pronomi personali soggetto
· pronomi personali complemento
· l’espansione del gruppo nominale
- con aggettivo
- con altri complementi (il libro di Sara)
· avverbi di luogo e di tempo ricorrenti
tratto da: G. Favaro (a cura di), Imparare l’italiano, imparare in italiano,
1999
L’inserimento degli alunni stranieri nelle classi comporta un’attenzione
da parte dei singoli insegnanti nella relazione e nell’organizzazione
della lezione.
Come abbiamo visto in precedenza negli approcci umanistico affettivi, l’accoglienza
in senso lato dell’insegnante verso l’alunno straniero e la fiducia
verso il suo possibile percorso di apprendimento sono fondamentali per il successo
formativo.
Comunque l’accettazione non è sufficiente, è necessario
anche strutturare la lezione e avere attenzione alle modalità comunicative.
Questo è trasversale per tutti gli insegnanti ed è importante
che tutti si sentano coinvolti nel processo di apprendimento degli alunni stranieri,
senza delegare solo ad alcuni docenti il compito dell’acquisizione della
lingua seconda. Come si è visto precedentemente si apprende la L2 anche
attraverso le diverse discipline.
Può quindi essere utile per quanto riguarda l’organizzazione della
lezione:
· Organizzare all’interno della lezione momenti di attenzione lessicale
e comunicativa
· Sviluppare forme di cooperative learning durante il lavoro in classe,
per cui già nei primi tempi l’alunno si sentirà coinvolto
nel lavoro della classe e successivamente darà anche il suo contributo
comunicativo e di conoscenze.
Per quanto riguarda le modalità comunicative verso di loro:
· Parlare in modo rallentato, accentuando le parole “chiave”
del discorso e della lezione, soprattutto durante i primi tempi dell’inserimento
· Usare enunciati brevi, con struttura SVO (soggetto, verbo, oggetto)
· Usare termini lessicali ad alta frequenza (nomi, verbi)
· Chiedere conferma che stiano seguendo o capendo il nostro messaggio;
questo ha più un valore psicologico per l’alunno, come contatto
e attenzione dell’insegnante verso l’alunno, il quale sente che
, anche solo con un cenno o una domanda l’insegnante tiene conto della
sua presenza all’interno della classe
· Ripetizione del lessico e dei concetti presentati (ridondanza)
Può essere trattato qualsiasi argomento, anche se, come abbiamo visto
precedentemente, all’inizio è opportuno partire dalla lingua legata
al contesto comunicativo più vicino all’alunno.
E’ opportuno graduare i contenuti presentati e, con quanto affermato dal
Krashen, secondo l’input comprensibile o input +1, cioè presentare
ogni volta qualcosa in più (+1) rispetto a quanto proposto in precedenza
e che non sia troppo difficile o troppo semplice, rispetto al livello raggiunto
dall’alunno.
Come capirlo? Soprattutto in fase di riscontro durante la presentazione del
nuovo input e al termine di esso, se c’è difficoltà di attenzione
e di esecuzione degli esercizi orali e scritti proposti.
Comunque non sempre è semplice stabilire quale sia il contenuto linguistico
da presentare prima e quale dopo, anche perché questo dipende anche dalla
lingua di provenienza dell’alunno: quello di lingua neolatina ad esempio
salta, per ovvi motivi, la fase prebasica di apprendimento, cosa che non avviene
per quello che parlano lingue orientali.
I materiali a disposizione dell’apprendimento dell’italiano come
seconda lingua si vanno sempre più arricchendo sia come manuali, che
come materiale grigio prodotto da singole scuole, sia come sussidi diversificati.
Per quanto riguarda i manuali è importante che l’insegnante scelga
quello che più si avvicina all’approccio metodologico che intende
seguire. La maggior parte dei testi comunque segue un approccio comunicativo,
con la presentazione dei contenuti linguistici divisi in unità. Comunque
è opportuno ribadire che il manuale è un sussidio e quindi viene
utilizzato e integrato dall’insegnante, a seconda della finalità
didattica perseguita. Si è notato inoltre che può essere utile
disporre di alcuni manuali in classe, in modo da variare sia gli esercizi che
vengono proposti che la presentazione e l’occasione di riflessione sul
contenuto.
Il materiale grigio invece sarebbe positivo venisse maggiormente condiviso e
fatto circolare per un arricchimento reciproco delle diverse esperienze didattiche.
A volte si possono trovare delle proposte di unità didattiche nei centri
che si occupano di didattica per stranieri.
Infine i sussidi diversificati vanno dall’uso molto utile di cassette
preregistrate, all’uso del registratore in classe durante momenti di conversazione
libera, che possono diventare successivamente momenti di riflessione sul livello
di lingua appresa, utili sia per l’apprendente che ha l’opportunità
di accorgersi di alcuni errori, che per l’insegnante, che valuta il livello
di interlingua raggiunto dall’alunno/a.
Anche le cassette video che a volte si accompagnano ai manuali possono rappresentare
uno stimolo diversificato nell’apprendimento della lingua.
Recentemente si sta diffondendo anche l’uso del computer, visto come opportunità
di intervento didattico per facilitare il processo di insegnamento – apprendimento
nel rispetto dei diversi stili cognitivi. A volte proprio l’uso del computer
rende più stimolante un’attività linguistica, anche per
l’uso di diversi stili comunicativi con cui può essere integrato
un testo (vedi riquadro).
Per saperne di più :
ü Gruppo Abele, Il Cooperative Learning. Strategie di sperimentazione
ü Burt, Dulay, Krashen, La seconda lingua, Il Mulino, 1985
ü Balboni (a cura di), Approccio lingua italiana allievi stranieri, Petrini,
Torino 2000
ü J. Cummins, Empowering minority students, California 1989
ü G. Favaro (a cura di ),Imparo l’italiano imparo in italiano, Guerini,
1999
ü G. Favaro, Il mondo in classe, Nicola Milano, 2000
ü G. Pallotti, La seconda lingua, Bompiani, Milano 1998
3.2. QUALE LINGUA PER STUDIARE?
La lingua per studiare è una lingua decontestualizzata, che esprime
concetti relativi alle diverse discipline e richiede tempi più lunghi
di apprendimento.
La distinzione proposta da Cummins tra BICS ( Basic Interpersonal Communication
Skills, abilità comunicative interpersonali di base ) e CALP (Cognitive
- Academic Language Proficiency, abilità linguistica cognitivo accademica
) è importante per capire la diversa difficoltà delle due abilità
linguistiche. Cummins ipotizza un tempo massimo di due anni per superare le
difficoltà legate alla lingua per la comunicazione interpersonale, mentre
l’apprendimento della lingua dello studio e dei concetti, richiederebbe
fino a cinque anni. Infatti la lingua dello studio richiede processi cognitivi
e linguistici sempre più complessi, anche per l’astrattezza delle
proposte didattiche.
QUALE APPROCCIO METODOLOGICO DELL’ITALIANO PER STUDIARE?
Si diceva in precedenza che la lingua dello studio (Calp) richiede un processo
di acquisizione più lungo della lingua per comunicare(Bics). Il comprendere
un testo chiama in causa diverse abilità cognitive : conoscenza formale
della lingua (strutture e lessico), capacità di previsione, capacità
di fare continue inferenze rispetto alle conoscenze precedenti e alla propria
“enciclopedia”, capacità di collegare le informazioni proposte
integrandole fra loro.
La comprensione di un testo non ha quindi un carattere lineare o per lo meno
non sempre ha carattere sequenziale; è prevalentemente caratterizzato
dalla sinergia e simultaneità di diverse competenze. La comprensione
inoltre è un processo individuale e gli stili cognitivi sono diversi.
Quindi la mancata comprensione di un testo spesso non dipende da mancanza di
attenzione, ma dalla difficoltà di attivare alcune abilità cognitive,
oltre che da una oggettiva scarsa conoscenza della lingua. Il percorso dovrebbe
partire dalla conoscenza lessicale e da alcuni concetti presentati nel testo,
il più possibile contestualizzati, per poi procedere verso concetti più
complessi e l’utilizzo del linguaggio settoriale decontestualizzato.
Apprendimento quindi a spirale dal linguaggio contestualizzato a quello decontestualizzato
che prevede di utilizzare diverse modalità di facilitazione. Tra queste
:
· è utile che il contenuto, il tema proposto venga inserito in
un contesto significativo, attraverso immagini, descrizioni, riferimento a esperienze
conosciute. Con la stessa modalità si iniziano a presentare alcuni termini
specifici.
· testi semplificati (vedi paragrafo specifico) da utilizzare solo per
alcuni mesi per passare successivamente al testo in uso.
· è utile, anche per gli alunni italofoni, una fase di prelettura
che attivi la capacità di ipotesi e previsione su quanto verrà
letto, attraverso ad es. il brain-storming, con il quale l’insegnante
invita gli alunni a esprimere quello che sanno e che viene loro in mente riguardo
all’argomento che si sta analizzando; emergeranno parole e concetti chiave
che vengono poi trascritti alla lavagna. Le ipotesi fatte verranno poi verificate
attraverso la lettura del testo. Questo approccio stimola l’attenzione
e motivazione dell’apprendente, e lo coinvolge in un processo attivo di
scoperta, rendendolo protagonista del processo apprendimento - insegnamento.
Si impara l’italiano per studiare e si impara l’italiano studiando.
Ogni insegnante diventa quindi facilitatore di apprendimento riguardo ai contenuti
della sua disciplina. (G. Favaro, 1999).
Secondo la formula di leggibilità di Flesh (E. Piemontese, 1996) vi
è una stretta connessione fra la lunghezza delle parole utilizzate in
una frase, la lunghezza della frase stessa e la sua comprensibilità:
più una frase è lunga e più è di difficile comprensione.
La possibilità quindi di fornire agli alunni testi semplificati permette
loro di partecipare alla lezione, quando si trovano in classe, attraverso un
tipo di attività che sono in grado di affrontare. Inoltre, così
facendo, si sentono parte di un processo di apprendimento che coinvolge anche
loro e non solo i compagni. Spesso infatti gli alunni stranieri dicono che durante
le lezioni in classe non hanno fatto niente, semplicemente perché l’insegnante
ha fatto lezione senza preoccuparsi di coinvolgerli durante l’ attività.
La semplificazione è vista comunque come strumento per avvicinare l’alunno/a
alla materia di studio e al manuale; quindi il suo utilizzo non deve prolungarsi
per più di qualche mese, altrimenti l’ apprendente si abituerà
ai testi semplificati e non affronterà l’uso di materiali più
complessi, che invece dovrà saper affrontare per la prosecuzione degli
studi.
Come criteri utilizzati per la semplificazione testuale si possono seguire quelli
indicati dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università
La Sapienza di Roma (che redigeva sulla base di questi criteri il mensile “Due
parole”).
I criteri sono i seguenti:
1) Le informazioni sono ordinate in senso logico e cronologico;
2) Le frasi sono brevi (20-25 parole) e gli articoli in media non superano le
100 parole;
3) si usano quasi esclusivamente frasi coordinate;
4) nella scelta delle parole si utilizza solo il vocabolario di base e si fornisce
la spiegazione delle parole che non rientrano in esso;
5) le parole chiave vengono ripetute, evitando i sinonimi e facendo un uso molto
limitato dei pronomi;
6) nella costruzione sintattica della frase si rispetta l’ordine SVO (soggetto,verbo,oggetto);
7) i verbi vengono per lo più usati nei modi finiti e nella forma attiva;
8) si evitano le personificazioni, ad esempio “il Senato” diventa
“i senatori”;
9) non si usano le forme impersonali;
10) il titolo e le immagini sono utilizzati come rinforzo per la comprensione
del testo.
L’uso del testo semplificato comporta un lavoro di rielaborazione da parte dell’insegnante. Le prime volte ci si scontrerà con la difficoltà di scegliere il lessico da utilizzare perché il messaggio risulti comprensibile, senza cadere nella banalizzazione. Successivamente la produzione di testi semplificati risulterà quasi automatica. Questi ultimi saranno presentati con una buona frequenza, non necessariamente tutte le volte che si fa lezione, anche perché l’assimilazione di un testo non è veloce né automatica e quindi può essere utile sottoporre il testo più di una volta.
QUALE PERCORSO DI APPRENDIMENTO ?
Le proposte didattiche seguono quindi una progressione che tiene conto del
processo di apprendimento della L2. Si passa quindi da attività semplici
e contestualizzate, a compiti più complessi dal punto vista cognitivo
, sempre però legati al concreto e al vissuto dell’alunno: la descrizione,
il confronto, la rielaborazione, il riordino di sequenze logiche e cronologiche.
Successivamente si proporranno esercizi di riflessione linguistica, comprensione
di termini settoriali e enunciati astratti.
Nelle pagine precedenti sono state analizzate alcune proposte di organizzazione
interna della scuola che possono facilitare l’inserimento, non solo linguistico,
dell’alunno straniero.
E’ comunque importante sottolineare la necessità di una programmazione
di interventi e di prestazioni richieste all’alunno, che coinvolga il
consiglio di classe nel suo insieme.
E’ quindi necessario che ogni insegnante stabilisca un percorso di contenuti
di apprendimento in base al livello di partenza dell’alunno, tenendo anche
in considerazione i diversi tempi di apprendimento della lingua per comunicare
e per studiare. Sapere che la lingua dello studio non è affrontabile
nel primo anno scolastico, se non dal punto di vista lessicale e con un approccio
semplificato, dovrebbe diminuire l’ansia dell’insegnante e soprattutto
aiutarlo a sviluppare un atteggiamento più accogliente e conscio del
reale processo di apprendimento dell’alunno. Si eviteranno quindi frasi
del tipo : “Non apprende perché è disattento” o “Non
impara perché studia poco“; il fatto è che non è
ancora in grado di studiare, ma solo di rispondere a domande chiuse e molto
semplici, o come si diceva prima cominciare a conoscere il lessico specifico.
Per saperne di più :
ü Due parole – rivista del Dipartimento di Scienze del Linguaggio
dell’università La Sapienza di Roma, direttore scientifico Tullio
De Mauro. La redazione è composta da ricercatori universitari e studenti.
ü De Mauro, Guida all’uso delle parole, Editori Riuniti (vengono
indicate le parole del vocabolario di base)
ü E. Piemontese, Capire e farsi capire, Tecnodid, Napoli 1996
4. VALUTAZIONE
L’arrivo dell’alunno/a straniero determina, da parte degli insegnanti,
una serie di processi valutativi, affinché si realizzi un positivo inserimento
del neoarrivato nella nuova realtà scolastica.
In una prima fase viene valutato il pregresso scolastico dell’alunno/a,
le conoscenze che già possiede, le sue abilità cognitive, per
poter decidere in quale classe inserirlo.
Successivamente c’è la valutazione formativa, che seguirà
l’alunno/a durante il percorso di insegnamento - apprendimento, per monitorare
il suo lavoro e anche per valutare l’efficacia dell’intervento dell’insegnante.
Nel processo valutativo si possono distinguere tre fasi:
· iniziale
· in itinere
· finale
INIZIALE
· Rilevazione delle competenze attraverso materiali appositi (vedi Accoglienza
- prima conoscenza)
· Compilazione di un questionario durante il colloquio con la famiglia,
al fine di conoscere meglio il percorso scolastico dell’alunno e la motivazione
della famiglia verso l’inserimento scolastico del figlio.
Questa prima fase è importante per decidere in quale classe inserire
l’alunno/a.
Non sempre è una scelta facile. Infatti devono essere tenuti presenti
diversi fattori: l’età cronologia, il percorso scolastico precedente,
le preconoscenze generali e linguistiche (anche della lingua italiana se già
ci sono),le abilità cognitive, le aspettative verso la nuova scuola.
La commissione accoglienza ( vedi paragr. Accoglienza ) nel valutare questi
aspetti del profilo scolastico dell’alunno, dovrà ricordare che
non è mai positivo inserire un alunno in una classe troppo inferiore
rispetto alla sua età cronologica; si rischia infatti di fermare il suo
percorso di apprendimento e demotivarlo, poiché l’apprendente si
viene a trovare con compagni che vivono esperienze troppo diverse dalle sue.
Inoltre una delle motivazioni più forti nell’apprendimento della
lingua è proprio la relazione con i “pari”, che in quest’ultimo
caso verrebbe a mancare.
IN ITINERE
Spesso la verifica condotta durante l’attività quotidiana (testing
diffuso) accompagna l’insegnamento ed è fruttuosa al fine di mirare
meglio gli interventi effettuati. Permette anche di valutare il livello di interlingua
raggiunto dall’allievo e gli eventuali “nodi” nel processo
di apprendimento, sia fonologici che sintattici.
Si utilizzeranno strumenti atti a valutare il livello di competenza comunicativa
raggiunto rispetto alle abilità dell’ascolto, del parlare, del
leggere e dello scrivere.
Che cosa valutare?
· La competenza nella lingua italiana rispetto alle funzioni, alle abilità
e agli atti comunicativi. Per questo si può fare riferimento alle indicazioni
del progetto europeo del Livello Soglia, 1981, che è ancora considerato
riferimento significativo nell’indicazione degli obiettivi linguistici
da raggiungere.
· La competenza grammaticale / metalinguistica. Partendo da semplici
schemi sulle strutture della lingua, l’alunno diventa capace di ragionare
sulla lingua. Le proposte sono sempre commisurate al livello di conoscenza della
lingua e utilizzando, per quanto possibile, il metodo induttivo.
Quali strumenti utilizzare?
Gli strumenti inizialmente possono essere costituiti da prove chiuse del tipo
vero/falso
corrispondenze tra coppie di dati
completamento di frasi con parole indicate a fondo testo
scelte multiple
e successivamente da
domande con risposte aperte,
brevi composizioni e conversazioni verticali (alta efficacia comunicativa ma
scorrette sintatticamente),
role play, role making (valutati secondo l’efficacia pragmatica della
comunicazione e l’appropriatezza del registro utilizzato), dettato (anche
se alcuni autori lo considerano poco affidabile per le numerose abilità
che sono contemporaneamente utilizzate, a cui si aggiunge lo stress della prova,
Balboni 2000)
CONCLUSIVA
Il testing conclusivo o valutazione sommativa deve verificare le abilità
di comprensione, di interazione orale, e le abilità di lettura e scrittura
raggiunte. Le modalità saranno diversificate.
Comprensione: globale (skimming): comprensione del significato
analitica (scanning): riconoscimento di parole
transcodificazione (utilizzo di codici differenti: accoppiamento lingua - immagine)
compilazione di griglie dopo l’ascolto/lettura
risposta a domande
cloze
Interazione orale: colloquio faccia-faccia
registrazione di dialoghi fra insegnante - alunno e fra alunno - alunno per
valutare sia la competenza fonologica che comunicativa generale (l’uso
del registratore è utile strumento anche di autovalutazione per l’allievo/a).
Scrittura: dai testi d’esperienza a quelli descrittivi, narrativi ed
espositivo - argomentativi
manipolazione (volgere un testo al passato, ecc)
completamento (lessico, pronomi, congiunzioni, verbi, ecc)
scelte multiple
Competenza morfosintattica: angolo della grammatica, esercizi volti a verificare l’uso e la conoscenza dei tempi verbali, della concordanza di genere e numero, di preposizioni, ecc.
E’ importante ricordare che la valutazione si riferisce agli obiettivi
da raggiungere rispetto ai livelli di partenza dell’alunno/a. E’
opportuno quindi che l’intero consiglio di classe, conscio dei tempi di
apprendimento dell’alunno straniero, valuti gli obiettivi linguistici
e contenutistici da proporre e programmare.
L’alunno/a straniero verrà quindi valutato secondo il percorso
di apprendimento fatto, sapendo che non potrà raggiungere le stesse prestazioni
richieste ai compagni italiani durante i primi anni del suo inserimento scolastico.
Per saperne di più:
ü N. Galli de’ Paratesi, Livello soglia 1981, Consiglio d’Europa
ü V. Micheli (a cura di), Test d’ingresso di italiano per stranieri,
Bonacci, 1995
ü P. Balboni, Didattica dell’italiano a stranieri, Bonacci, 1994
ü G. Favaro (a cura di), Alfabeti interculturali, Guerini, 2000
ü Progetto MILIA, modulo n°15, IRRSAE Liguria, 1996
L’educazione interculturale è un processo educativo che nasce
nella relazione, dalla interazione fra persone. Nella realtà scolastica
la relazione ha come soggetti gli alunni, gli insegnanti e le persone che lavorano
all’interno di essa.
Nell’ interazione ognuno di noi porta la propria identità, come
espressione di aspetti individuali e culturali in senso antropologico, cioè
i valori, gli ideali, i modi di vita, le rappresentazioni simboliche, le modalità
espressive e cognitive dell’ambiente e del gruppo sociale da cui proviene.
Vi sono perciò diversi modi di recepire e interpretare la realtà,
che dipendono dai diversi ambiti culturali di provenienza: ogni costruzione
culturale è relativa all’ambito spazio-temporale che l’ha
generata.
Comprendere la relatività delle diverse costruzioni culturali permette
l’incontro dialettico fra persone di diverse culture, in una società
dove attivo è lo scambio e il confronto, perché “i valori
che danno senso alla vita non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure tutti
nelle culture degli altri…” (pron. C.N.P.I. 13/4/92).
Nel confronto è altresì necessaria la disponibilità a “mettersi
nei panni dell’altro”, a desiderare realmente di capire e confrontarsi
con la/le persone che incontriamo.
Gli aspetti dell’educazione interculturale presi in considerazione possono
essere sintetizzati in alcuni obiettivi - guida, utili per impostare un primo
percorso educativo:
· imparare a conoscersi per poter conoscere e incontrarsi con gli altri;
· imparare a decentrarsi;
· individuare e riconoscere punti di vista diversi e saperli contestualizzare;
· sviluppare il pensiero critico, essere cioè capaci di giudicare
non secondo uno stereotipo ma attraverso un giudizio frutto di conoscenza;
· sviluppare curiosità e desiderio di confronto, apertura verso
opinioni diverse.
QUALI LE STRATEGIE OPERATIVE ?
Il documento ministeriale “Il dialogo interculturale e la convivenza
democratica”, diffuso con C.M. del 2 marzo 1994 n. 73 (riportata integral.
nel cap. 7) indica le strategie operative dell’educazione interculturale:
a) l’attivazione nella scuola di un clima relazionale di apertura e di
dialogo;
b) l’impegno interculturale nell’insegnamento disciplinare e interdisciplinare;
c) lo svolgimento di interventi integrativi delle attività curricolari,
anche con il contributo di Enti e Istituzioni varie;
d) l’adozione di strategie mirate, in presenza di alunni stranieri.
L’educazione interculturale quindi non è “uno specialismo”,
una disciplina aggiuntiva che si colloca in un momento prestabilito e definito
dell’orario scolastico ma è un approccio per rivedere:
· I curricoli formativi
· Gli stili comunicativi e relazionali
· La gestione delle differenze, delle identità dei bisogni di
apprendimento
(G. Favaro, 2000)
QUALI I CONTENUTI ?
In una visione ampia si può dire che ogni contenuto possa diventare
occasione di educazione interculturale per il raggiungimento degli obiettivi
sopraindicati.
Vi sono comunque contenuti che facilitano il processo educativo interculturale
e che si possono raggruppare in alcuni filoni:
* Culture a confronto :approfondimenti monografici su alcuni aspetti delle
diverse culture (concezione spazio-temporale, rituale, ludica, gastronomica,
ecc.) per la valorizzazione e conoscenza dei contesti di provenienza degli alunni
immigrati;
* Didattica dei punti di vista: temi e argomenti trattati da diversi punti di
vista indipendentemente dalla presenza di alunni stranieri nella classe (argomenti
storici, la cartografia, “mettersi nei panni di…”);
* Rivisitazione della programmazione e dei curricoli secondo un approccio interculturale
con riferimento alla Circolare Ministeriale n.73 del 2/3/94 (riportata in appendice).
Il documento infatti dà utili suggerimenti sui contenuti interculturali
da evidenziare nelle diverse discipline;
* Percorsi interdisciplinari sui temi della migrazione (straniera e italiana):
gli spostamenti umani, l’incontro e i conflitti tra popoli e culture;
* Approfondimento di modalità relazionali attraverso giochi non competitivi,
giochi di ruolo, attività di gestione del conflitto… per l’attivazione
del dialogo e l’educazione alla convivenza.
5. DISCIPLINE E INTERCULTURA
ALCUNI APPROFONDIMENTI HANNO POSTO IN EVIDENZA GLI APPORTI CHE CIASCUNO PUÒ
OFFRIRE AD UN PROGETTO INTERCULTURALE, TRAENDO SPUNTO DALLE INDICAZIONI DEI
PROGRAMMI SCOLASTICI E AVVALENDOSI DI UNA LORO LETTURA "VERTICALE".
SI È COSÌ RILEVATO CHE L'INSEGNAMENTO DELLA STORIA DEVE RICONOSCERE
GLI APPORTI E I VALORI AUTONOMI DELLE DIVERSE CULTURE E LIBERARSI DA RIGIDE
IMPOSTAZIONI A CARATTERE ETNOCENTRICO O EUROCENTRICO, PER UN'ANALISI OBIETTIVA
DEI MOMENTI DI INCONTRO E DI SCONTRO TRA POPOLI E CIVILTÀ. ALLO STESSO
TEMPO LA STORIA PUÒ APRIRSI ALLE PROBLEMATICHE DELLA PACIFICA CONVIVENZA
TRA I POPOLI E AFFRONTARE IL TEMA DEL RAZZISMO, NELLE SUE MANIFESTAZIONI E NEI
SUOI PRESUPPOSTI E IL TEMA DELLE MIGRAZIONI, COME VICENDA STORICA RICORRENTE.
L'INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO CONSENTE, SECONDO LE POSSIBILITÀ DEI VARI
LIVELLI SCOLASTICI, UNA CONSIDERAZIONE INTERCULTURALE DELLE VICENDE DELLA LINGUA
(ORIGINI LATINE, SCAMBI CON ALTRE LINGUE MODERNE, RAPPORTI CON I DIALETTI),
UN APPROCCIO (CON LETTURE ANTOLOGICHE ED ESEMPLIFICAZIONI) ALLE ALTRE CULTURE,
EUROPEE ED EXTRAEUROPEE, E UNA RIFLESSIONE SUI LORO RAPPORTI. ANCHE LA LETTURA
DEGLI AUTORI ITALIANI PUÒ OFFRIRE CONTRIBUTI ALL'APPROFONDIMENTO DELLE
TEMATICHE DI MAGGIOR RILIEVO PER L'EDUCAZIONE INTERCULTURALE.
DEL PARI L'EDUCAZIONE ARTISTICA E L'EDUCAZIONE MUSICALE (NELLE DIVERSE DENOMINAZIONI
E MODALITÀ RELATIVE AL LIVELLO DI STUDI) CONSENTONO UN APPROCCIO ALLE
ALTRE CULTURE E AI LORO RAPPORTI.
L'APPRENDIMENTO DELLE LINGUE STRANIERE, OLTRE A OFFRIRE STRUMENTI DI COMUNICAZIONE
E A PROMUOVERE LA DISPONIBILITÀ AD ALTRI APPRENDIMENTI LINGUISTICI, AVVICINA
AD UN DIVERSO MODO DI ORGANIZZARE IL PENSIERO E ALLA CULTURA CHE IN CIASCUNA
LINGUA SI ESPRIME.
LA GEOGRAFIA PRESENTA UNA FORTE VALENZA INTERCULTURALE PER LA PROGRESSIVA APERTURA
DAL VICINO AL LONTANO E, QUINDI , DALLA REALTÀ LOCALE A QUELLA NAZIONALE,
DAL CONTESTO EUROPEO A QUELLO MONDIALE. ESSA PUÒ ACCOGLIERE LE IMPLICANZE
DEGLI INTERVENTI DELL'UOMO SULL'AMBIENTE E AVVALERSI DI UNA CARTOGRAFIA AGGIORNATA.
LE DISCIPLINE SCIENTIFICO MATEMATICHE FORNISCONO UN CONTRIBUTO FONDANTE ALL'EDUCAZIONE
INTERCULTURALE IN QUANTO PROMUOVONO LA CAPACITÀ DI RAGIONAMENTO COERENTE
E ARGOMENTATO, L'APPREZZAMENTO DEL CONFRONTO DI IDEE, L'ATTEGGIAMENTO CRITICO.
IL RIFERIMENTO AL CONTRIBUTO, PERSONALE O DI GRUPPO, DI STUDIOSI DI VARIE NAZIONI
AL PROGRESSO SCIENTIFICO PUÒ DIMOSTRARE IL DEBITO DI OGNI PAESE NEI CONFRONTI
DEGLI APPORTI ESTERNI. NELLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE, LE SCIENZE BIOLOGICHE,
STRUTTURANDO IN UN QUADRO SCIENTIFICO LE INFORMAZIONI POSSEDUTE DAGLI STUDENTI,
POSSONO SOTTOPORRE AD ANALISI IL CONCETTO DI RAZZA E SMENTIRE I PREGIUDIZI CORRENTI.
LE ORE DI INSEGNAMENTO ESPRESSAMENTE DEDICATE ALL'EDUCAZIONE CIVICA POSSONO
CONSENTIRE L'ILLUSTRAZIONE DEI PRINCIPI DELLA COSTITUZIONE, IN ARMONIA CON LA
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO E LA PRESENTAZIONE DELLE ISTITUZIONI
COMUNITARIE INTERNAZIONALI.
tratto da: Circolare ministeriale n. 73, 2 marzo 1994
Per saperne di più:
ü D. Demetrio, G. Favaro, Bambini stranieri a scuola, La Nuova Italia,
Firenze 1997
ü G. Favaro (a cura di) Alfabeti interculturali, Guerini, Milano 2000
ü M. Giusti, L’educazione interculturale nella scuola di base, La
Nuova Italia, Firenze 2001
ü E. Nigris (a cura di), Educazione interculturale, Bruno Mondadori, Milano
1996
ü A.A.V.V., Scegliere la pace, Gruppo Abele, Torino 1998
ü J. Liss, La comunicazione ecologica, La Meridiana, Molfetta (Ba), 1998
ü A. Pitaro, Didattica interculturale della geografia, EMI, Bologna 1997
N.B.: OGNI VOLTA CHE VIENE CITATO IL CENTRO COME SI FA RIFERIMENTO AL SERVIZIO
CHE FINO AL 31 DICEMBRE 2000 ERA GESTITO DALLA COOPERATIVA FARSI PROSSIMO SULLA
BASE DI UNA CONVENZIONE TRA PROVINCIA DI MILANO E CARITAS AMBROSIANA