PREMESSA
Domenica 25 gennaio 2004, partirà da Firenze il “Treno della Memoria”,
che quest’anno avrà come destinazione l’ex campo di sterminio
di Majdanek e l’area dove sorgeva il ghetto di Varsavia. All’iniziativa,
organizzata dalla Regione Toscana in occasione della “Giornata della Memoria”
(27 gennaio), prenderà parte anche quest’anno la nostra scuola, con
una delegazione di studenti che hanno seguito il corso “Il 900. I giovani
e la Memoria”. I partecipanti sono: Andrea Avellini e Luca Vomero (3^A),
Giulia Baldini, Alessio Leta, Carlotta Margheri, Elena Renai e Anna Villani (3^B),
Elisa Rosi (3^E), Giada Manni e Monica Mordini (4^A), Sara Poggiali (4^E), Giulia
Dreoni e Federica Romagnoli (4^M). Saranno accompagnati dai docenti Augusto Cacopardo
e Grazia Bertini. Durante la cerimonia di commemorazione delle vittime del ghetto
di Varsavia, Andrea Avellini, Sara Poggiali e Elisa Rosi leggeranno “Pagine
dal ghetto in forma di passione”, una breve ma significativa antologia di
brani da E. Ringelblum, A. Lewin, I. Gutman, scelti dal prof. Paolo Genesio. L’iniziativa
sarà seguita, fino dalla partenza dal TG3 Toscana e da emittenti private,
nonché da vari organi di stampa.
PAGINE DAL GHETTO IN FORMA DI PASSIONE (Brani scelti dal prof. Paolo Genesio)
Emmanuel RINGELBLUM,
Sepolti a Varsavia 30 agosto 1941
Una categoria speciale di mendicanti è quella che chiede l’elemosina
dopo le nove di sera. Siete alla finestra, e all’improvviso vedete nuove
facce, accattoni che durante il giorno non avete mai scorto. Si portano direttamente
al centro della strada e si mettono a chiedere pane. Sono per la maggior parte
bambini. Nel silenzio notturno, le grida di questi piccoli affamati hanno un’insistenza
straziante, e anche ad avere il cuore di pietra, un tozzo di pane si finisce col
buttarglielo. Altrimenti si cambia casa. Questi mendicanti non si curano affatto
del coprifuoco, e si può sentirli fino a notte tarda: sino alle undici
ed anche a mezzanotte. Non hanno paura di niente e di nessuno. Non è mai
capitato che una pattuglia notturna si sia messa a sparare contro di loro, anche
se girano per le strade dopo il coprifuoco senza permesso. E’ cosa comune,
durante la notte, che questi piccoli accattoni muoiano su un marciapiede.
Abraham LEWIN, Una
coppa di lacrime 16 maggio 1941
Quando ascolto notizie del genere avverto un nodo alla gola e un peso terribile
che mi grava sul cuore. Mi sento come se fossi strangolato e soffocato dal più
cupo terrore. L’abisso si avvicina sempre di più a ciascuno di noi,
e con esso il volto bestiale dell’apocalisse nazista, che porta scritta
sulla fronte le parole “morte, distruzione, rovina e angoscia infinita”.
Un persistente senso di insicurezza, una paura senza fine, sono gli aspetti più
terribili delle nostre tragiche e amare esperienze. se sopravviveremo e potremo
vedere il termine di questa guerra crudele e saremo in grado, in qualità
di persone e di cittadini liberi, di gettare uno sguardo indietro sugli anni che
abbiamo attraversato, allora sicuramente giungeremo alla conclusione che l’aspetto
più terribile e tremendo, più distruttivo per il nostro sistema
nervoso e per la nostra salute, è stato quello di vivere giorno e notte
in un’atmosfera di continua angoscia per la nostra sopravvivenza fisica,
in un oscillare senza interruzioni tra vita e morte; una situazione in cui il
trascorrere di ogniminuto portava con sé il pericolo che i nostri cuori
scoppiassero per la paura e il terrore.
Abraham LEWIN, Una
coppa di lacrime 13 settembre 1941
Viviamo in una prigione. Siamo stati degradati al livello di animali randagi e
negletti. Quando guardiamo i corpi gonfi e seminudi di ebrei che giacciono sulla
strada, ci sentiamo come se ci trovassimo a uno stadio subumano. Le loro facce
cadaveriche, scheletriche, soprattutto quelle dei bambini piccoli morenti, ci
riempiono di terrore e ci ricordano immagini dall’India, o dai lebbrosari
che un tempo abbiamo visto nei filmati. La realtà supera ogni fantasia,
e probabilmente solo una cosa può ancora sorprenderci. Il passaggio dallo
sterminio sistematico all’omicidio di massa. per quanto riesca difficile
pronunciare parole come queste, bisogna riconoscere che per tutti coloro che muoiono
di fame, una morte rapida e violenta costituirebbe certamente un sollievo rispetto
alle sofferenze terribili e prolungate della loro agonia mortale. I rapporti tra
la vita e la morte sono radicalmente mutati. un tempo la vita occupava un posto
fondamentale, ed essa costituiva l’interesse principale e centrale, mentre
la morte era un fenomeno marginale, di second’ordine rispetto alla vita,
il suo termine. Oggi, la morte imperversa in tutta la sua maestà, mentre
la vita, coperta da uno spesso strato di cenere, riesce a stento a far filtrare
i propri bagliori. Anche questi barlumi sono deboli, miserabili e fiochi, poveri,
privi di qualsiasi alito di libertà, di qualsiasi scintilla spirituale.
Sembra che l’anima stessa tanto quella individuale quanto quella comune,
sia morta di stenti, sia rimasta intorpidita e atrofizzata.
Israel GUTMAN, Storia
del ghetto di Varsavia 6 agosto 1942
Ed ecco Janusz Korczack che camminava alla testa dei suoi bambini, allineati per
quattro con in mano una bottiglia d’acqua e un libro o un giocattolo. Uno
di essi portava la bandiera di re Matt con sull’altro lato la stella di
David in campo bianco. Non era semplicemente un “salire sul treno”,
si trattava piuttosto di una protesta silenziosa e organizzata contro il regime
omicida. perfino i lastroni di pietra del selciato si misero a piangere alla vista
di questa processione. Ma gli assassini nazisti colpivano con le loro fruste e
sparavano a ogni piè sospinto. Korczack insieme alle puericultrici con
i loro grembiuli bianchi e dietro duecento bambini puliti e in ordine, pettinati
per bene andavano al macello.