GIOTTO ULIVI, PRETE E APICOLTORE
di Marco Accorti


Don Giotto Ulivi, prete, apicoltore, polemista, caratteraccio, studioso delle api, in tutta la sua vita ne disse e ne fece tante, ma, ahimé, ne azzeccò poche. Tuttavia ancora oggi è ricordato come un genio impareggiabile, non rendendo però giustizia a quel che realmente di buono riuscì comunque a fare. E' per ripresentarlo in termini più realistici che chiesi collaborazione; purtroppo la richiesta di aiuto non ebbe alcun riscontro e così le ricerche continuano.
Cento anni fa, proprio in questi giorni, proprio come oggi, sembra imperversasse un'epidemia influenzale, tant'è vero che su La Nazione di Firenze dell'11 febbraio 1892 compare un avviso

"Per i convalescenti. Per chi fu attaccato dall'influenza",  in cui il prof. Semola (con tanti altri clinici illustri) consiglia (o meglio pubblicizza) il PITIECOR, ricostituente e germicida a base di catramina ed olio di fegato di merluzzo.  L'articolo conclude: .. I lettori mettano a profitto l'esperienza di distinti medici.

Chissà se Giotto Ulivi si era fidato di questo avviso.  Di fatto moriva di polmonite il 9 febbraio 1892 nella canonica della chiesa di Santo Stefano a Campi Bisenzio dove era pievano dal 1878. Chi lo pianse allora?  Da quel che mi risulta, pochi, direi. Chi lo ricorda oggi?.  Forse solo quei 4 gatti del "Giotto fan Club", un'associazione fantomatica a cui ho iscritto (a loro insaputa) le persone che nel tempo ho contattato per raccogliere notizie.  Ma chi era costui?  L'Ulivi non era certo passato inosservato attraverso il suo tempo.  Anzi.  Tenace osservatore della natura, appassionato apicoltore, gran parlatore, cultore dei classici, polemista incallito dalla penna facile, non ha però mai dimenticato di essere anche un prete, e non il solito pretino di campagna.  Egli ha percorso l'800 consapevole dell'importanza del momento storico ed ha cercato di partecipare agli avvenimenti più da attore che da spettatore.  E questo, a parte un "infortunio" che gli costò un paio di mesi di prigione (ma era ancora giovane), dedicandosi con costanza all'educazione, oltre che delle anime, delle menti che allora, come ora del resto, ne avevano tanto bisogno. In tempi così grami i suoi parrocchiani erano sicuramente più ignoranti ed affamati che peccatori, perché in fin dei conti è vero che pecca solo chi è consapevole.  Quindi con il suo magistero non faceva altro che seguire le orme di tanti altri più o meno sconosciuti che si adoperavano, sull'esempio del Lambruschini e del Ridolfi, l'uno religioso e l'altro nobile, a coniugare fede e libertà.  Era un seguace di quel cattolicesimo liberale non clericale di cui oggi si torna a sentir parlare, per cui la prima libertà nasce dall'affrancamento dall'ignoranza.  Certo, l'obiettivo che si proponevano non era "conoscere per deliberare", ma "conoscere per sfamarsi", questo sì.  Così, mentre il Lambruschini andava avanti con la sua scuola di mutuo soccorso, in Mugello non si stava a guardare.
Don Lino Chini ne studiava la storia per farla conoscere ai suoi conterranei in modo che ritrovassero radici e dignità e don Andrea Fumanti, quando in Mugello gli analfabeti erano più del 90%, a Santa Maria a Caiano di Londa, 
«.... invece d'andare a caccia, a zonzo in campagna, per i mercati ... fa scuola cotidiana a suoi popolani tanto ... che pochi sono i giovani analfabeti ...e quando vanno coscritti ... vengono subito fatti caporali e sergenti» [Chini, 1876 - Storia antica e moderna del Mugello, lib. IX, cap. 7°, pag. 305]
Un destino o forse una tradizione: un secolo dopo quella stessa terra accoglierà un altro sacerdote scomodo: Don Milani a Barbiana.  Don Giotto Ulivi, più interventista che attendista, sceglie un altro campo d'azione.  Sa di api e di apicoltura e sa che il miele è un alimento ricco.  In tempi così amari, tempi in cui la fame si tagliava col coltello, aiutare qualcuno ad imparare un mestiere e mandarlo a letto con il dolce in bocca e senza i crampi della fame era opera sicuramente meritoria.  E forse assicurava anche qualche parrocchiano in più.  Ecco, l'apicoltura diventa il suo strumento di conversione e l'insegnarla sarà la "fissazione" della sua vita.  Ma se il Chini ed il Fumanti hanno oggi un posto, magari piccino, nella storia o almeno nel ricordo, la figura di Giotto Ulivi è stata praticamente cancellata dal tempo.  Un paio di biografie, una alla morte ed una dopo 10 anni, ci accennano un uomo che ha vissuto con grande impegno il suo tempo.  Ma, un po' la scarsa memoria storica e le ipocrite bugie di questi coccodrilli, un po' la nefanda logica del "era tanto buono" che perseguita i trapassati, non ci aiutano affatto a conoscerlo: lo sopravvalutano come scienziato, quasi lo disconoscono come prete e uomo.  Le ultime notizie di prima mano, e direi affidabili, ce le ripropone nel 1903 don Lorenzo Ciulli, parroco di Galciana a Prato.  Questo prete, di cui ancora gli anziani si ricordano, intellettuale e spregiudicato, è stato forse l'allievo più famoso dell'Ulivi.  Dal niente, l'ormai anziano Giotto, gli fa sbocciare dentro la passione per le api e lo convince a studiare e a tradurre i brani dei classici latini dove si parla di apicoltura.  Poi comincia a pubblicargli i primi scritti.  Purtroppo muore nel 1892 e non potrà portare a compimento quest'opera pigmalionica e divulgativa, cosa che farà il Ciulli stesso nel 1903 dando alle stampe il lavoro completo "Le Api dei georgici latini: brani originali e tradotti" (Grassi di Prato). Intanto anche il Ciulli è diventato apicoltore, forse per contagio di passione apistica, ed anche lui comincia ad insegnare agli altri.  Ma questa è un'altra storia.
 Quel che ci interessa è che il Ciulli, buon conoscitore di uomini oltre che di anime, nella prefazione del libro tratteggia un po' meglio la figura del maestro, e da qui nascono le perplessità sulle biografie ufficiali.  Di lui ho ritrovato circa 70 articoli sull'apicoltura [1] sparsi in biblioteche ed archivi di Firenze e Prato, dimenticati, impolverati, alcuni con le pagine ancora intonse, oltre ad un paio di manuali sullo stesso argomento, uno postumo ed uno in numerose edizioni, e la collezione della rivista di apicoltura da lui fondata e diretta per nove anni fino alla morte.  Ma lettere autografe, pochissime.  Documenti sulla sua vita, citazioni, lettere di altri, niente o quasi.  Un'immagine pubblica marcata, una privata quasi inesistente [2]  Strano destino, il suo.  Cinquant'anni di vita rumorosa (Vasco Rossi direbbe spericolata), messi in purgo da 100 anni di silenzio.  Ma il tempo non è sempre galantuomo.  Spesso è una specie di bidone aspiratutto.  Nello stesso modo in cui ha risucchiato un tale combattente, non ha avuto difficoltà a far sparire un esercito smisurato di uomini e di donne dalla voce più flebile ma certo non meno meritori: la "Gente", si direbbe oggi.  Quelli che si affannano, lavorano, pagano le tasse e mandano avanti la baracca. Ecco, riparlare di Giotto Ulivi è come riparlare di tutti loro.  E' come dar voce al silenzio della "Gente".  Oppure è come ricercare prove e indizi per scrivere la sceneggiatura di un film, un giallo con venature horror, ambientato nell'ottocento.
Ma da dove cominciare?  La sua famiglia è scomparsa nel nulla.  Eppure aveva delle sorelle, Costanza, Rosa ed Anna.  Possibile siano rimaste tutte e tre zittelle ? Possibile che nessuna si sia riprodotta?  Magari un nipote è ancora fra noi.  Comunque, non si conosce neppure il luogo di sepoltura dei suoi familiari.  La casa natale, a Borgo San Lorenzo, è andata distrutta il 30 dicembre 1943 sotto un bombardamento aereo.  Non rimane che una lapide celebrativa.  Della sua prima chiesa a Gricignano (Salaiole) non resta nulla.  Due case, proprio due di numero, sono state ricostruite sulle macerie di uno dei tanti terremoti che hanno devastato il Mugello (forse quello del 1919 o quello del '29).
Così è andato perduto l'archivio parrocchiale con i libri dei "Ricordi" e delle "Entrate e Uscite", diari che ogni pievano doveva tenere giornalmente e da cui sarebbe stato possibile ricostruire mille tasselli della sua vita.  Invece a Santo Stefano di Campi Bisenzio, l'altra pieve dove arriva nel 1878 e dove rimane fino alla morte, l'archivio parrocchiale è quasi completo.  Ma guarda caso manca solo il libro dei "Ricordi" che va dal 1876 al 1892, proprio il periodo che lo riguarda.  L'unico documento di carattere religioso conosciuto, il discorso tenuto il 26 maggio 1878 in occasione del suo ingresso solenne nella pieve di Campi, era custodito alla Biblioteca Nazionale di Firenze.  E questa chiave c'ha pensato l'alluvione a farla sparire.  Ma eccoci all'horror.  Anche dei suoi resti mortali s'è persa ogni traccia.  Don Giuseppe Gondini, il parroco che gli è succeduto nella pieve, trasferisce nel cimitero vecchio (comunale) di Campi, forse nel 1909, quanto rimane dell'antico cimitero parrocchiale, dove quasi certamente era sepolto l'Ulivi.  Già sconsacrato, si racconta che il Gondini fosse scandalizzato dal fatto che i ragazzi si rincorrevano fra le tombe divelte e che i cani portavano via le ossa dei morti.  E forse anche quelle del nostro don Giotto.  Sicuramente aveva una grande biblioteca, montagne di appunti e di disegni, nonché un cospicuo epistolario con mezzo mondo.  Niente notizie, tutto svanito.  Un Editore di Torino, Casanova, alla morte dell'Ulivi compra dagli eredi (chi erano??) i diritti di tutte le sue opere.
Recentemente anche la casa editrice Casanova sparisce nel nulla, smembrata dalle alchimie economico-editoriali.  Sfumano così le possibili tracce di un archivio e di una corrispondenza.  Infine, l'ultima "ordinaria" alluvione di Campi Bisenzio, poche settimane or sono, sembra aver danneggiato gravemente l'archivio storico.  Non lo avevo ancora visitato.  Chissà, forse erano lì i documenti che cercavo.
 Come vedete ci sono tutti gli elementi per una bella epopea, ma sono ancora troppi i tasselli mancanti per darle credibilità e trasformarla in storia.  Fra l'altro una storia della nostra terra e della nostra gente.  Giotto Ulivi, per il centenario della morte, meritava qualcosa di diverso del solito necrologio celebrativo e bugiardo. 
Meritava invece, come lo merita tutta la "Gente", di essere ricordato per quello che realmente era.  Non per quello che vogliono gli altri.  Allora, "Chi l'ha visto?" Chi vuol aderire al "Giotto fan Club" per riscrivere "La vera vita di Giotto Ulivi, prete e apicoltore"? Chi vuol collaborare con me per i festeggiamenti, finalmente dignitosi, dei 200 anni dalla nascita?  Non c'è tanto tempo.  Il 5 aprile del 2020 è vicino.
 

Da: «Il Mugello», 1992, IV(35): 25-27 NOTE


[1] Il numero è nel frattempo aumentato e si acclude un elenco dei suoi scritti

[2] Le ricerche sono proseguite e sono stati ritrovati anche altri documenti, ma non tali da considerare esaurita la ricerca Gli scritti di Giotto UliviGiotto Ulivi, fra le altre cose, era anche un grafomane.  Sono stati ritrovati circa 90 contributi a stampa, molti dei quali ristampe identiche o appena revisionate di uno stesso scritto.
E' quindi spesso difficile riconoscere sotto titoli diversi uno stesso lavoro, così come capita che in un'apparente identica ristampa appaiano marcate differenze rispetto al pensiero di partenza.  Era fatto così.1.- Compendio teorico pratico di Apicoltura razionale

2.- Allevamento delle api

3.- Discorso inaugurale delle sue conferenze apistiche a Roma

4.- Sulla Fecondazione dell'ape regina. (I)

5.- Il Volo d'amore e la partenogenesi delle Api

6.- Intorno alcuni pregiudizi sulla pratica dell'Apicoltura

7.- Ancora sul volo d'amore e sulla partenogenesi delle api. Risposta al conte Bossi Fedrigotti di Rovereto

8.- Intorno alcuni pregiudizi sulla pratica dell'Apicoltura

9.- Considerazioni sulla fecondazione dell'ape Regina

10.- Prolusione e conferenze apistiche a Teramo

11.- Esame critico delle teorie sulla partenogenesi delle Api. (II)

12.- Arnia Giotto

13.- Relazione al II Congresso degli Apicoltori italiani tenutosi a Firenze nel maggio 1874

14.- La Partenogenesi e Semipartenogenesi delle Api. (III)

15. - La Manna, mielata o Melatica

16.- La Manna, mielata e melatica: osservazioni

17.- Deux réponses a Monsieur E. Beuve

18.- Il Palio dei ciuchi

19.- La Nuova teoria di riproduzione. Osservazioni e considerazioni Del Filugello. La Partenogenesi dell'Ape è una chimera. (IV)

20.- La Partenogenesi esiste di fatto? (V)

21.- Le Api operaie trasportano le uova? Osservazioni e considerazioni. (VI)

22.- Raccolta dei cinque più interessanti studi contro la Partenogenesi ? La Partenogenesi dell'Ape è una chimera

22.- Le Api non trasportano le uova. (VII)

23.- Povere cinque lire! Frettolosa rivista del volume "L'Apicoltura in Italia". (VIII)

24.- Alla Prova si scortica l'asino

25.- Risposta data al Signor Vienney di Parigi. Intelligenti pauca. (X)

26.- Une Prémiere réponse a M.E. Beuve et La seconde et dernière réponse a M. Vienney, collaborateurs de L'Apiculteur de Paris

27.- Risposta data al Signor Cav. Andrea de' Rauschenfels. Ripassin l'Alpi e tornerem Fratelli. (XI)

28.- Risposta al Signor E. Beuve, Collaboratore all'Apiculteur di Parigi. (XII)

29.- Risposta al Signor Vienney, Collaboratore dell'Apiculteur di Parigi. Chi ha ragione? (XIII)

30.- Papere a buon mercato. Rivista del Trattato di Apicoltura di T. Sourbè di Bordò. (XIV)

31.- L'Apiculture raisonnée. Moeurs des abeilles. VI Mémoires de l'Abbé Giotto Ulivi

32.- Tutti i nodi vengono al pettine. Risposta ai diversi collaboratori dell'Apiculteur di Parigi. (XV)

33.- Il Polline e l'ape. Osservazioni al S. Cav. Dott. Angelo Dubini.  (XVI) ? Piccole dimenticanze d'un maestro. Risposta al Signor C. Dadant. (XVII)

34.- Tre piccioni ad una fava. Risposta ai diversi collaboratori dell'Apiculteur di Parigi. (XVIII)

35.- Nuove nozioni di Fisiologia Apistica ossia gli Alveoli delle Api e i loro Effetti. (XIX)

36.- Apicoltura a 3 poveri soldi! Breve rivista del Compendio di Apicoltura del Cav. Andrea de Rauschenfels. (XX)

37.- Arnia Poliforme. (XXXVII)

38.- Risposta data ai Signori G. Doucin e J.P. Arviset, Collaboratori dell'Apiculteur di Parigi e Giustificazione del Sacerdote Giotto Ulivi. (XXI)

39.- Le Esposizioni apistiche di Milano e Venezia. (XXII)

40- Piccole dimenticanze d'un maestro. Risposta al Signor C. Dadant. (XVII)

41.- Generosità per offese. Risposta al sig. Depois o Despois

42.- Il Polpettone internazionale o I sapienti apicoltori del secolo XIX. Relazione al congresso di Milano. (XXIII)

43.- Lucciole per lanterne ossia la scienza apistica del conte G. Barbò. (XXV)

44.- L'Ape e il Miele. (XXVI)

45.- Ogni bel gioco dura poco. Risposta a diversi collaboratori dell'Apiculteur di Parigi. (XXVII)

46.- Le Api. Cenni storici

47.- L'Abbe Giotto Ulivi et M. H. Hamet. Lettre à M. Félix Rignon. (XXIX)

48.- Le Api operaie non trasportano le larve da una cella all'altra. Risposta al signor Duffau di Bordò. (XXX)

49.- I Vecchi credenti ed i nuovi principi ossia le api tutrici non distinte dalle operaie. (XXXI)

50.- Pasquinata, ossia l'apicoltura all'esposizione di Torino per Mastro Pasquino di Roma

51.- Agli Apicoltori italiani. Delle due arnie più in uso

52.- Apicoltura. Un qui pro quo. (XXXIII)

53.- Apicoltura. Fatti veri, conseguenze false. (XXXIV)

54.- La Fisiologia apistica in Germania ed in Italia. (XXXV)

55.- Sulla Formazione dei Sessi. (XXXVI)

56.- Sur la Formation des sexes et l'ovogenese.  Revasseries de Monsiour J.B. Leriche.  Doctrines de Giotto Ulivi. (XXXVIII)

57.- Delle Glandole salivari delle api e del cibo somministrato alle larve

58.- Manualino di apicoltura ad uso dei contadini e delle scuole agrarie

59.- L'Apicoltura razionale. Raccolta di 43 articoli

NOTE - le notazioni  (- c, - o) presenti al termine delle descrizioni bibliografiche indicano che il testo è posseduto in copia (c) o in originale (o)