come elemento innovativo della didattica e della socialità degli alunni
Chi opera nel mondo della scuola può toccare con mano la inadeguatezza
di questa istituzione di fronte ai problemi di una società in trasformazione.
Solo negli ultimi anni si è registrato nella scuola un processo di rinnovamento,
non limitato ad una pura variazione di programmi, ma fondato sul principio che
il centro della scuola e di tutta la sua attività è l’alunno.
Su di esso e sulle sue esigenze si deve basare tutta l’organizzazione
scolastica, la didattica e l’attività dei docenti. Naturalmente
si deve considerare questo come un principio programmatico, che non può
trovare piena attuazione se non al termine di un lungo percorso di trasformazioni,
non solo delle strutture scolastiche, ma anche della mentalità dei docenti
nella loro impostazione didattica.
L’attuale inadeguatezza della scuola si misura in modo evidente sul grado
di estraneità dell’alunno nei confronti dell’impegno di studio
e sul grado di scorrettezza dei rapporti tra coetanei. In effetti la vita scolastica
viene vissuta spesso dall’alunno in un atteggiamento passivo, rivelatore
di mancanza di interesse specifico e di una lontananza emotiva tra l’insegnamento
e il proprio vissuto.
Questo si ripercuote in alcune storture nel sistema dell’apprendimento:
poco tempo dedicato allo studio, grande attenzione ai voti, ma solo per avere
la sufficienza minima, scelta di materie da studiare e altre da tralasciare
ecc.
A ciò si aggiunge una difficoltà di rapporti sereni tra coetanei,
non solo nella fase di inserimento nella scuola superiore, ma anche dopo l’assestamento
iniziale: ne sono testimonianza varie forme di bullismo, di atteggiamenti violenti,
di situazioni di emarginazione.
Un denominatore comune per spiegare molti di questi atteggiamenti credo bisogna
ricercarlo nella mancanza nell’alunno di sufficiente autostima, un riflesso
certamente del condizionamento sociale, ma a cui la scuola si aggiunge come
ulteriore anello della catena che deprime le capacità creative dell’alunno.
Per ovviare a questi inconvenienti si sono intraprese nell’Istituto
Vasari di Figline, a modo di sperimentazione, alcune iniziative paradidattiche
che vedono come protagonisti gli studenti.
Sei anni fa si era iniziato ad affidare ad alunni più grandi la responsabilità
di seguire come tutor le classi prime in orario curricolare, non solo per il
periodo limitato delle prime settimane di scuola, ma per l’intero anno
scolastico. La loro attività viene seguita da un docente coordinatore
ed è intesa ad agevolare l’ambientazione dei nuovi alunni nella
vita d’Istituto e a rilevare le loro difficoltà.
All’inizio si è trovata difficoltà a reperire ragazzi disponibili
a questo compito, ma anno dopo anno si è visto un forte aumento di interesse
e di apprezzamento, sia da parte dei ragazzi più grandi, sia anche da
parte degli alunni di prima che trovano più facile ascolto alle loro
esigenze e instaurano rapporti di maggiore collaborazione.
Il pericolo a breve termine è che i momenti di incontro siano moltiplicati
in modo ingiustificato e siano pretesto per saltare ore di lezione, o anche
che i ragazzi più piccoli siano manipolati negativamente da quelli più
anziani. A lungo termine però si inculca il concetto che gli alunni si
devono prendere le proprie responsabilità e che la vita scolastica è
determinata anche da loro, nel bene e nel male.
Il tutoraggio è stato applicato poi anche nell’ambito dell’educazione
alla salute e in particolare nella prevenzione al fumo da sigaretta e alle droghe.
Si è formato cioè un gruppo di alunni che fa opera di informazione
e di formazione nei confronti dei loro compagni sul problema fumo in momenti
particolari della vita scolastica come un’assemblea, un concorso, un questionario
e interventi di animazione. Ho notato che i momenti di maggiore interesse per
gli alunni sono proprio quelli in cui loro si sentono protagonisti, con un ruolo
ben preciso nei confronti degli altri. In particolare si è portata avanti
l’iniziativa di tutoraggio anche nei confronti degli alunni della Scuola
Media e in quell’occasione si sono evidenziati nuovi aspetti della loro
personalità che prima rimanevano in ombra.
Ultimamente si è cominciato ad applicare questo principio anche per aiutare
singoli alunni a superare le loro difficoltà di apprendimento. Ragazzi
più grandi cioè si impegnano ad assistere nel loro studio alcuni
singoli alunni delle prime classi per qualche ora alla settimana, in orario
pomeridiano. Questa esperienza ha dato risultati positivi, soprattutto dando
maggior sicurezza psicologica agli alunni più deboli, nonché motivazioni
aggiuntive ai ragazzi più anziani. Si cerca attualmente di porre le premesse
per un suo significativo ampliamento.
Del resto questa è la direzione pedagogica auspicata anche dall’Unione
Europea con il progetto di Peer Education, che è stata recepita dal Ministero
dell’Istruzione e a cui ha aderito l’Istituto Vasari da ormai tre
anni. E’ infatti un progetto per incentivare il protagonismo degli alunni
e renderli attori del loro processo formativo, sulla base di obiettivi scelti
dagli alunni stessi e realizzati secondo modalità che loro ritengono
più opportune.
Dall’esperienza avuta con il tutoraggio vengono in luce utili indicazioni
per una diversa impostazione educativa e quindi anche per nuove forme di didattica.
L’unico modo per sconfiggere l’indifferenza e/o l’assenteismo
degli alunni è quello di coinvolgerli direttamente nelle scelte della
scuola e della didattica, in modo che ciò che li coinvolge debba partire
anche da una loro scelta.
Un secondo aspetto da tener presente è la forte esigenza da parte degli
alunni di assumere precise responsabilità, di acquisire un ruolo all’interno
del gruppo classe, ma anche all’interno dell’Istituto. D’altra
parte è solo questa assunzione di responsabilità che li fa maturare
e che crea le premesse per un loro impegno scolastico. Si è notato infatti
che la percezione di un loro ruolo ben definito induce delle trasformazioni
nel comportamento e l’alunno può evidenziare più facilmente
gli aspetti creativi della sua personalità, non solo nell’ambito
del profitto strettamente scolastico, ma anche nella sfera della sua socialità.
Di conseguenza i suoi rapporti con i compagni sono improntati a maggior serietà,
a maggior correttezza e rispetto reciproco, eliminando atteggiamenti infantili
residuali.
Tutto ciò deve naturalmente fare i conti con un effettivo superamento
della didattica tradizionale in modo che la figura dell’insegnante sia
percepita in termini di collaborazione, di stimolo delle effettive capacità
dell’alunno. La scuola e la didattica hanno sempre meno un compito di
informazione, perché per questo ci sono altre agenzie ben più
attrezzate, come la televisione, la stampa, il cinema ecc., quanto piuttosto
devono caratterizzarsi nel loro compito precipuo di formazione: formazione nell’alunno
degli strumenti utili a orientarsi nella giungla di informazioni, a sceglierle
in modo critico, a sviluppare, con una equilibrata autostima, quegli aspetti
originali della sua personalità che possono arricchire l’intera
società in cui egli vive.
Il referente per l’educazione alla salute
Prof. Giuseppe Bettenzoli
Figline Valdarno, 3 dicembre 2002